Carboni: «Interessi di piccolo cabotaggio e opacità d’immagine. La città non ha appeal»

Carboni: «Interessi di piccolo cabotaggio e opacità d’immagine. La città non ha appeal»
di Lucilla Niccolini
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Venerdì 22 Gennaio 2021, 09:15 - Ultimo aggiornamento: 23 Gennaio, 10:10

Persa la corsa per diventare Capitale della Cultura 2022, Ancona cerca di ritrovare la sua leadership perduta. I suggerimenti di cinque tra politici e docenti universitari.

Professor Carlo Carboni, lei, che insegna Sociologia dei processi economici alla Politecnica Marche, saprebbe spiegare le dinamiche che determinano una certa marginalità di Ancona nel panorama nazionale? 
«Una causa potrebbe rintracciarsi in quella che Dewey chiama “grip society”: una società in cui prevalgono gli interessi di alcune grandi famiglie borghesi. Non si è costituita una vera comunità. O almeno, da quando sono qui, dalla metà degli anni ‘70, io non l’ho percepita. E, come ho riflettuto con colleghi anconetani, questa città sembra troppo dominata da interessi di “piccolo cabotaggio”, dalla cura della conservazione del proprio benessere, più che dell’intera comunità».

Quale dovrebbe essere l’interesse della comunità anconetana, ora?
«Sento pochi parlare con convinzione dell’esigenza di riconvertire l’economia cittadina, e del suo territorio in blue green. Vogliamo parlare della mancata occasione dell’Area Marina Protetta?».
Immobilismo? 
«Incapacità di traguardare nuove soluzioni per problemi antichi».
Dipende dal carattere degli anconetani, o dalla loro storia? 
«Non saprei quale ne sia l’origine. Ma aggiungerei, tra le caratteristiche della città di Ancona, una certa opacità dell’immagine, e la sua difficoltà a rapportarsi col territorio, senza riuscire a diventare una città-guida della regione. Non è il caso di ricordare i tanti personaggi che, anni fa, affollavano la Facoltà di Economia. Scomparsi: questa città non ha appeal, non è attrattiva». 
Chiamiamolo basso profilo, un elemento che non è necessariamente negativo. 
«Anzi, spesso positivo, ma non in questo periodo storico, in cui virtù come l’orgoglio, l’umiltà, l’incapacità di arrembare non pagano. Bisognerebbe che Ancona trovasse il modo di valorizzare i suoi veri talenti. E l’eccellenza del suo patrimonio, non solo culturale, ma anche naturalistico».
Torniamo alla Blue Green economy? 
«C’è stato un tempo, recente, in cui, anche con una certa retorica, si premeva il pedale sul paesaggio, e sulla qualità della vita.

Anche questo slancio mi sembra oggi attenuato. Dobbiamo prenderci cura di quello che di bello c’è in questo luogo, e curarlo, per un rilancio sia turistico che, soprattutto e di conseguenza, economico». 

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