"Giovanni" e l’assalto del 2016: «Dalla noia sulle panchine alle uova contro il bus. Svegliato da mia madre. Finimmo dritti in questura»

Bulli (foto di archivio)
Bulli (foto di archivio)
di Teodora Stefanelli
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Giovedì 16 Dicembre 2021, 02:10 - Ultimo aggiornamento: 14:39

ANCONA - «Il problema sono gli esempi. Se uno non è molto seguito, oppure ha degli amici che vivono in determinati tipi di contesti oppure infine se, come me, si viene da un quartiere non proprio tranquillo, è facile perdersi». Giovanni (nome di fantasia) oggi ha 20 anni ma nella sua adolescenza ha visitato nel concreto il primo passaggio del percorso scivoloso in cui il bullo di periferia diventa piccolo criminale. È finito in questura di Ancona, dove nel 2016 venne condotto insieme al branco per una bravata molto pericolosa di cui, lui e i suoi amici, si erano resi protagonisti. Tirarono uova a un bus sbucando dal nulla al Q2. Poteva diventare una tragedia. Giovanni aveva 15 anni. 

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Come sei arrivato fino a questo punto? 
«Siamo partite dalle panchine, un muretto, le chiacchiere. E la noia. Ed è nata questo sfida, una specie di impresa, volevamo misurarci, fare una cosa più grande di noi senza pensare alle conseguenze».
E avete pensato a tirare le uova a un bus.
«Se sei in strada, è un bersaglio naturale e facile. Ci siamo procurati le uova e abbiamo fatto questa specie di blitz. Poi di lì a poco ci sono venuti a cercare e siamo finiti in questura».
Il primo pensiero? 
«Avevo capito di essere finito un guaio serio. Se mi guardo indietro dico di essere stato uno scemo, ho fatto delle cose che avrebbero potuto mettere in pericolo in qualche modo altre persone. Ad ogni modo ho fatto una cazzata e mi pento». 
Cosa è successo quella sera a casa, nei giorni successivi?
«Diciamo che mia madre mi ha svegliato, ecco diciamo così».
Conosci altri ragazzi che sono finiti nei guai, magari della tua zona? 
«Io, per quanto mi riguarda, conosco tante persone del mio quartiere che non sono proprio tranquille ma che prese singolarmente non farebbero male a nessuno». 
In che senso? 
«Allora il fenomeno dei bulli era stato ingigantito. In una città come Ancona c’erano dei grupponi di ragazzi che abitavano nei quartieri periferici della città e che avevano certi atteggiamenti, è vero. Ma la loro forza era il branco. Da soli sono agnellini». 
Proviamo a spiegare? 
«Prendevano spunto dai gangster americani e dalle serie tipo Gomorra, ma è tutto fumo. Conosco alcuni di questi ragazzi e sono solo sbandati, annoiati, senza educazione. Poi si mettono a leggere sui social, commentano e anche lì fanno i grandi. Poi se li incontri per strada nemmeno ti guardano in faccia. Quando c’è da fare seriamente qualcosa si tirano indietro. Anche se sono in gruppo è raro che vengano alle mani. Lo fanno solo per apparire». 
Eppure in questi mesi complice anche il Covid episodi di questo genere non sono più avvenuti nelle periferie. Ma in pieno centro. con frequenza aumentata e con maggiore aggressività.
«Io parlo per i miei tempi: chiamarle “baby gang” come ho letto sui giornali credo fosse sbagliato. Di gang non c’era niente. Sarebbe bastato seguirli un po’ di più e le cose sarebbero potute cambiare. Poi si cresce e chi ha la testa capisce».
Fa così male sentire la parola baby gang? 
«Sì, perché anche io ho sbagliato, ci sono passato e credo che le parole siano importanti. Anche io ero finito sul giornale come parte di una “baby gang”. Quando si parla di questo bisogna stare attenti». 
Insistiamo: nelle cronache degli ultimi mesi il fenomeno si è esasperato.
«Ho letto che un gruppo di ragazzi aveva terrorizzato un loro compagno, tanto che lui non usciva più casa. Quella volta era reale, era perseguitato. Alcuni di loro sono finiti in carcere minorile per le loro azioni e altri sono ancora in comunità».
E la mamma che ha denunciato l’aggressione al figlio per ben tre volte?
«Non conosco la vicenda nello specifico ma credo che qualcosa sia successo. Non penso che dall’oggi al domani scattino così senza senso. Anche se è chiaro che la violenza non è mai giustificata».
Chi è Giovanni oggi?
«Ho cambiato scuola e strada. Io ho fatto degli errori, è vero, ma ho fatto i conti con la mia coscienza oggi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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