Allarme alluvione, un buco di 2 ore e mezzo: alle 19.30 le chiamate dei sindaci della valle del Misa ma piena segnalata solo alle 22 a Senigallia

Allarme alluvione, un buco di 2 ore e mezzo: alle 19.30 le chiamate dei sindaci della valle del Misa ma piena segnalata solo alle 22 a Senigallia
Allarme alluvione, un buco di 2 ore e mezzo: alle 19.30 le chiamate dei sindaci della valle del Misa ma piena segnalata solo alle 22 a Senigallia
di Lorenzo Sconocchini
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Venerdì 23 Settembre 2022, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 18:45

ANCONA Ormai sono chiare le domande a cui dovranno rispondere le due inchieste aperte sull’alluvione del 15 settembre, in particolare quella della Procura di Ancona, che indaga con ipotesi di reato di inondazione colposa e omicidio colposo plurimo. La prima, di una brutale semplicità, è se con un’allerta meteo più precisa di quella emessa alla vigilia del nubifragio e con un allarme più tempestivo della Protezione civile regionale (scattato solo alle 22 di giovedì sera, quando i fiumi erano già straripati trascinando via 13 persone) le pesantissime conseguenze dell’alluvione potevano essere scongiurate o anche solo attenuate, sia in termini di vite umane che di devastazione del territorio. Perché ormai è chiaro a tutti che il sistema di prevenzione del rischio legato al maltempo ha avuto diversi passaggi a vuoto. 

 


Il bollettino meteo


Non solo lasciando fuori dal messaggio di allertamento emesso mercoledì 13 settembre in base al bollettino meteo del Centro funzionale decentrato proprio il territorio dell’hinterland Senigalliese, quello più duramente colpito, inserito in zona verde dalla Protezione civile, mentre l’allerta gialla per vento e temporali riguardava solo l’entroterra montano e alto collinare delle province di Pesaro Urbino e Ancona. Davvero un fenomeno meteo così estremo (440 mm di pioggia caduti in 7 ore), non era “prevedibile allo stato attuale delle conoscenze”, come sostiene la Protezione civile regionale? Un quesito che verosimilmente la Procura dorica affiderà a un consulente tecnico. I devastanti temporale autorigeneranti, non erano “leggibili” nelle mappe meteo 24 ore prima?
L’inchiesta affidata dal procuratore capo Monica Garulli ai carabinieri forestali e del Nucleo investigativo di Ancona cercherà poi di capire, partendo dai tabulati telefonici di cinque funzionari regionali acquisiti nei giorni scorsi, perché dalla sala operativa della Protezione civile l’allarme ai Comuni lungo il bacino idrografico del Misa sia partito solo alle dieci di sera.


Le avvisaglie


E dire che avvisaglie di quel che sarebbe accaduto ne erano arrivate da nord già a metà pomeriggio. A Cantiano e in altri comuni dell’entroterra pesarese s’era scatenato un violento nubifragio intorno alle 16 e alle 19 cominciavano a straripare il Burano e altri fiumi, allagando la piazza principale di Cantiano, con immagini rilanciate sui social. A quell’ora anche il Sanguerone era tracimato a Sassoferrato.
Già in quei momenti il pericolo del nubifragio era percepito anche più a sud, lungo la valle del Misa, se è vero che Dario Perticaroli, sindaco di Arcevia, ricordava anche ieri, tabulati alla mano, di aver chiamato la Sala operativa di Ancona alle 19.23, preoccupato per la pioggia, tanto che già da un’ora si era attivato con la protezione civile locale e le forze dell’ordine.

«Da Ancona mi hanno detto di attivare il Coc, l’ho fatto subito al telefono perché il Comune era parzialmente allagato e non avevo energia elettrica», ricorda Perticaroli.

Dunque come minimo già alle 19,23 di quel maledetto giovedì arrivano segnalazioni dai territorio colpiti vero la Soup, la sala operativa unificata permanente della Regione Marche. Dove però l’unico operatore in servizio (l’allerta gialla era limitata a due quadranti su sei del territorio regionale) non aveva la minima percezione strumentale dell’onda di piena che stava montando lungo il corso del Misa e del suo affluente Nevola. Il motivo, già all’attenzione dei carabinieri forestali, riguarda una clamorosa anomalia che sembra emergere dalle “Procedure di allertamento del Sistema regionale Marche di Protezione civile per il rischio idrogeologico ed il governo delle piene”, definite in un decreto del presidente della giunta regionale del dicembre 2016. In quel documento tecnico, dei sei idrometri disposti lungo il bacino del Misa, che dovrebbero far da sensori per un allarme tempestivo, l’unico indicato come “significativo”, che in caso di superamento dei valori soglia fa scattare l’obbligo della sala operativa regionale di avvertire i comuni a valle, si trova a Bettolelle, alle porte di Senigallia. Siamo almeno a 20 km più verso il mare rispetto ai primi centri abitati investiti dall’onda di piena del Misa e del Nevola, già poco dopo le ore 20. Non sono ritenuti utili, nel sistema di monitoraggio del Misa, gli altri 5 idrometri sistemati lungo il corso del fiume, quattro dei quali a monte dei punti dove il fiume è esondato. Il risultato è che l’allarme ai Comuni è scattato intorno alle 22, due ore e mezzo dopo la telefonata alla sala operativa del sindaco di Arcevia. Lo confermava nell’edizione di ieri, sulle nostre pagine, l’assessore alla Protezione civile Stefano Aguzzi arrivato nella sala operativa intorno a mezzanotte. «Fino alle 22 nessuno mi ha avvisato di pericoli sul fiume Misa». 


Aggrappati ai rami


L’allarme è scattato quando il peggio ormai era accaduto, con le vallate dell’entroterra senigalliese inondate da acqua e fango già dalle 20 e la gente in fuga ai piani alti. C’è chi si è aggrappato ai rami d’albero, per non essere trascinato via come il piccolo Matteo, 8 anni, che ancora non si trova, e altri sfortunati travolti dallo tsunami della piena. Undici vittime e due dispersi. La Procura cercherà di capire se, con un allarme più tempestivo, quelle vite potevano essere salvate. 
 

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