Alluvione, Cantiano (ancora) devastata dalla piena ma non molla mai: «Qui ci si rimbocca le maniche»

Alluvione, Cantiano devastata dalla piena ma non molla mai: «Qui ci si rimbocca le maniche»
Alluvione, Cantiano devastata dalla piena ma non molla mai: «Qui ci si rimbocca le maniche»
di Véronique Angeletti
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Mercoledì 15 Marzo 2023, 03:30 - Ultimo aggiornamento: 13:06

Dal 15 settembre, la resilienza a Cantiano si chiama “rimboccarsi le maniche”. «Da sei mesi - racconta la parrucchiera Antonietta Bussotto - non abbiamo mai smesso, ma siamo a girocollo». La metafora esprime la cruda realtà che accomuna chi ha perso qualcosa nell’alluvione. Benché si ritenga fortunata, è scoraggiata. Si è salvata issandosi su un balcone sopra il suo salone. «Per riaprire abbiamo adattato i mobili regalati da una collega di Castelfidardo e messo insieme i soldi delle raccolte di beneficenza dati dal Comune e i nostri risparmi». Nella formula mancano tuttavia i contributi del governo. «Sono orgogliosamente italiana - sottolinea - ma mi vergogno della lentezza dello Stato». 

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Le storie


Anche Rita Arcangeletti per il suo alimentare ha dovuto farne a meno. La nuova scaffalatura è un dono di Bruno Passeri di Urbania e Maurizio Parroccini e l’affettatrice di una famiglia di Bergamo. Le ragioni della rinascita: «Trenta anni di lavoro, da pagare 60 mila euro di merce rubata dal Burano; ma più di tutto far parte di una comunità molto solidale». Lungo le strade delle alte terre che si snodano tra il pesarese e l’anconetano, il lavoro con la somma urgenza delle amministrazioni comunali si vede ma non basta. La tempesta perfetta ha distrutto argini, strade, ponti, stravolto le sorgenti, cambiato nel paesaggio, i punti di riferimento. Delle tre strade che salgono in cima al Catria è rimasta quella di Acquaviva di Cagli. Ma troppo lontana per gli allevatori di mucche delle comunanze di Frontone e Serra Sant’Abbondio, a maggior ragione, per gli allevatori di cavalli di Cantiano sul lato umbro del massiccio.

I conti con un nuovo paesaggio, Samuele del Mulino Spoletini di Magnadorsa purtroppo le fa tutti giorni. È l’ultimo di sei generazioni di mugnai che, cento anni fa, si stabilì ad Arcevia. «Vado oggi solo ad elettricità». Perdendo ben 700 metri di canali di terra sopraelevati sul Misa su cui aveva investito di recente 30mila euro ha perso la forza dell’acqua. Il ripristino? «Non dipende da me ma dal Demanio, la mia presa è vicina ad una briga di sua proprietà». Un peccato. È uno dei pochi mulini storici a pietra e acqua con una discreta capacità produttiva, tassello insostituibile di una filiera autentica e genuina. A sua zia Adelaide Spoletini a Cabernardi di Sassoferrato, è andata peggio. I vari “Nevola” - qui i torrenti hanno lo stesso toponimo - hanno creato un lago che ha raggiunto il solaio del secondo piano finché è esploso il ponte. 


Il dramma


Non ha più mobili, vestiti, lavoro ma abbastanza caparbietà per battersi affinché la ricostruzione della Sp 48 sia diversa. Avverte: «Babbo, già negli anni Settanta, aveva denunciato la Provincia che intubare le acque avrebbe provocato un disastro». Un’ingegneria diversa, adeguata ai cambiamenti climatici è un’altra richiesta che accomuna l’entroterra montano. L’ansia ogniqualvolta le piogge si fanno più intense rendono i torrenti sorvegliati speciali. Dal Giombi che attraverso Petrara di Serra Sant’Abbondio al Cesano di Pergola che divide il Quartiere della Chiesa Santa Maria delle Tinte. «Ci sono diverse case inagibili - fa notare Eleonora Guerra, custode del monumento barocco danneggiato - e poi, il problema del ponte in rifacimento transennato, perno della viabilità e che separa le case dei genitori da quelle dei figli». Lo strazio in un’immagine.

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