Alluvione, l’allarme per la piena scattato dopo i morti. La Protezione civile ha avvisato i Comuni alle 22: l’unico sensore utile è a Bettolelle

Alluvione, l’allarme per la piena scattato dopo i morti. La Protezione civile ha avvisato i Comuni alle 22: l’unico sensore utile è a Bettolelle
Alluvione, l’allarme per la piena scattato dopo i morti. La Protezione civile ha avvisato i Comuni alle 22: l’unico sensore utile è a Bettolelle
di Lorenzo Sconocchini
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Mercoledì 21 Settembre 2022, 03:20 - Ultimo aggiornamento: 20:46

ANCONA - L’allarme della sala operativa della Protezione civile regionale ai sindaci per l’onda di piena che stava montando sul bacino idrografico del fiume Misa è partito soltanto dopo le ore 22 di giovedì sera. Solo allora il livello idrometrico ha superato la soglia di allarme nell’unico punto di rilevamento ritenuto significativo nella rete di monitoraggio meteo-idrologico regionale, il sensore di Bettolelle, alle porte di Senigallia. 


I dispersi


Troppo tardi, come cercare di chiudere la stalla quando i buoi erano scappati (e morti). Già un quarto d’ora prima che scattasse quell’allarme dalla Protezione civile verso i comuni dell’hinterland senigalliese, il sindaco di Barbara, Riccardo Pasqualini, raggiunto al telefono dal Corriere Adriatico, lamentava cinque dispersi per lo straripamento del fiume. E ancora da prima, dal tardo pomeriggio, cominciavano a girare sui social network video impressionanti sull’esondazione di fiumi e torrenti. Prima nella provincia di Pesaro Urbino, poi nell’entroterra montano anconetano, nei bacini più a nord del Misa, gonfiati da precipitazioni eccezionali, tanta acqua caduta in sette ore quanta mediamente ne vien giù in sei mesi. Ma quando il nubifragio scatenato da temporali autorigeneranti si è abbattuto sul bacino del Misa, che comprende anche il Nevola e altri torrenti, i residenti della media valle sono stati presi alla sprovvista. Non solo è mancata (un dato assodato sin dalle prime ore del post alluvione, rimarcato pubblicamente anche dalla procuratrice capo di Ancona Monica Garulli) l’allerta meteo della Protezione civile, visto che nel messaggio di allertamento di mercoledì 14 settembre, alla vigilia del cataclisma, si inserivano in zona gialla, per vento e temporali, solo i quadranti 1 e 3 delle Marche, l’entroterra montano e alto collinare delle province di Pesaro Urbino e Ancona, lasciando in verde tutto il resto della regione. Compresi i Comuni come Ostra, Castelleone di Suasa, Barbara, Trecastelli, Ostra Vetere e Senigallia, dove lo tsunami del fiume straripato ha causato 11 vittime, annegate nel fango, e due dispersi. E’ anche scattato in ritardo l’allarme nella serata del nubifragio. Ma perché la sala operativa unificata permanente (Soup) della Regione Marche, presidiata h24 proprio per rispondere in tempo reale alle emergenze, ha percepito così in ritardo il pericolo di straripamenti lungo il Misa e i suoi affluenti? 


Le ipotesi di reato


Da quello che sta emergendo nell’inchiesta affidata dalla Procura di Ancona ai carabinieri forestali del Gruppo Ancona, e del Nucleo investigativo - in cui si ipotizzano i reati di omicidio colposo e inondazione colposa - sembra che la “falla” sia proprio nelle “Procedure di allertamento del Sistema regionale Marche di Protezione civile per il rischio idrogeologico ed il governo delle piene”, definite in un decreto del presidente della giunta regionale del 2016.

In quel decreto, dei sei idrometri che sarebbero presenti lungo il bacino del Misa, quattro dei quali a monte dei punti di straripamento, l’unico indicato come “significativo”, tale cioè da far scattare l’obbligo della sala operativa regionale di avvertire i comuni a valle in caso di superamento di valori soglia, è quello di Bettolelle. Siamo però a circa 20 km più verso il mare rispetto ai primi centri abitati investiti dall’onda di piena del Misa e del Nevola già intono alle ore 21. L’allarme ai Comuni, è scattato quando già i territori della media valle erano semisommersi da acqua e melma, la gente scappava ai piani alti e si aggrappava ai rami d’albero per non essere trascinata via e si contavano i dispersi.

La spiegazione


I responsabili della sala operativa unificata della Protezione civile, che l’altra sera hanno affiancato il governatore Acquaroli in una conferenza stampa sulla situazione dell’emergenza, hanno spiegato che solo dopo le 22, quando l’idrometro significativo del Misa ha superato i livelli di allarme, gli operatori sono corsi ad avvisare in gran fretta i Comuni interessati, chiamando al direttamente al telefono sindaci e referenti delle Protezioni civili comunali. «Il fiume è salito di 6 metri in 2 ore», ha spiegato Paolo Sandroni, responsabile di quel Centro funzionale di Protezione civile che già all’indomani dell’alluvione aveva scritto in un comunicato, per motivare l’allerta meteo mancata, che un evento meteo così estremo non era prevedibile «alla luce delle conoscenze attuali». Proprio per capire chi ha contattato chi, in quella maledetta serata, e in che orario preciso, i carabinieri ieri hanno acquisito numerosi tabulati telefonici, di diversi soggetti, tra cui cinque funzionari regionali, per ricostruire le conversazioni intercorse tra loro e la sala operativa della Protezione civile regionale e gli amministratori locali, per scambiarsi informazioni sulla criticità in atto.
 

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