Tra scarola e indivia è questione di ricci ma il sapore è garantito. Top della produzione nel sud delle Marche

Tra scarola e indivia è questione di ricci ma il sapore è garantito. Top della produzione nel sud delle Marche
di Véronique Angeletti
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Giovedì 3 Marzo 2022, 10:45

ANCONA - Parente dell’indivia, come lo sono tutte le cicorie, la scarola è quella che d’inverno riscontra a tavola maggior successo. Lo deve al suo sapore meno amarognolo, leggermente più delicato che permette, fresca, di rimpiazzare l’insalata e diventa un contorno bollita, stufata addirittura ripiena.

La scarola “mbuttunata”, farcita di uva passa, olive nere, acciughe, pinoli e capperi è un succulento piatto tipico natalizio della Campania.

Nella nostra regione, quasi 500 ettari sono dedicati alla coltivazione della scarola e dell’indivia riccia per una produzione totale che l’anno scorso è stata stimata in 15.891 tonnellate, realizzata al 97% nelle Marche al Sud del Conero.

Leader è la provincia di Macerata con 7738 tonnellate, seguita dalla provincia di Ascoli (4555), poi di Fermo (3108) mentre Ancona produce 400 tonnellate e Pesaro Urbino solo 90. 


Cuore giallo bianco 
Riconoscere l’indivia riccia dalla scarola è facile. Si presentano tutte e due come dei cespi larghi, a rosetta. La prima è rotondeggiate con foglie arricciate mentre la seconda è più allungata e ha foglie più lineari e hanno un cuore bianco-giallo che si allarga a raggio con tante sfumature di verde. «È il risultato dell’imbianchimento - spiega Walter Berdozzi dell’azienda agricola Graziella Aloisi di Potenza Picena – che si ottiene intervenendo quando la pianta è ad una decina di giorni dalla fine del suo ciclo vegetativo e, quindi, siamo vicini al raccolto». Una particolare tecnica agronomica che si fa manualmente legando i cespi con un elastico o uno spago ed impedendo così al sole di raggiungere il centro della pianta. Operazione molto delicata, da fare solo se il vegetale, che ha bisogno di molta acqua, risulta asciutto e che richiede una rigorosa programmazione per una raccolta scalare. Il procedimento accelera la sua maturazione. «Raggiunto il pieno accrescimento, i cespi vengono recisi a mano a livello del colletto, ripuliti dalle foglie vecchie e rovinate e disposti nei contenitori da trasporto». La varietà “Maggiorana” che teme il freddo la raccoglie prima di Natale mentre la “Quintana”, più resistente, riesce a rimanere in campo fino alla fine dell’inverno. Una parte dei cespi Walter Berdozzi le riservata alla Codma di Fano dove verranno lavati, ripuliti e consegnati alle più importanti insegne della Gdo d’Italia Centrale. Questa scelta di produrre ortaggi invernali è legata ai terreni di medio impasto tendente al sabbioso della zona della Regina dove oltre alla scarola, a cui ha riservato quest’anno circa 10 ettari, coltiva porri, vari tipi di radicchio e pan di zucchero. 


Coltura non meccanizzata
«La scarola, è una varietà che vanta una buona resa, circa 30-40 tonnellate ad ettaro, ma ha però costi di mano d’opera elevati poiché è impossibile meccanizzare la raccolta e la tecnica dell’imbianchimento» osserva il perito agronomo Mirco Romitelli. Agricoltore a Montelupone nella valle del Potenza vende i suoi ortaggi direttamente nei mercatini di Campagna Amica della Coldiretti a Macerata, Civitanova Marche e Porto Recanati. «Il colore del cuore – incalza - è associato alla tenerezza della pianta e determina, anzi condiziona purtroppo l’acquisto anche se è tutto relativo perché rimane tenera anche con un cuore tendente al verde». Questa settimana vende l’ortaggio a 2 euro al kg nei mercatini rionali mentre al bancone del supermercato ha un prezzo che varia dai 2,38 ai 2,98 euro al kg.

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