ANCONA La crisi energetica conseguita alla guerra in Ucraina ed i tagli alle forniture di gas dalla Russia hanno imposto la necessità di un cambio di approccio alla materia. Se il trend proseguirà di questo passo, il rischio è che la domanda superi l’offerta e, in autunno, ciò potrebbe avere un contraccolpo sui riscaldamenti. Va elaborato un piano b e va fatto ora.
Non a caso, per oggi è in calendario un incontro tecnico del Comitato di emergenza e monitoraggio del gas naturale a cui farà seguito, domani, un meeting tra il ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani e le principali aziende del settore energetico italiano, per fare il punto della situazione e definire le linee di indirizzo per uscire da questa situazione di incertezza.
Le conseguenze
Cosa che ha contratto non di poco l’estrazione di gas in Adriatico. Stando ai dati riportati nel Pitesai, la produzione di gas nel 2020 si è contratta a 5,93 milioni di smc, pari allo 0,13% del totale nazionale. «Vanno riattivati i giacimenti già esistenti e l’attività di ricerca - osserva il deputato della Lega Tullio Patassini, che ha seguito da vicino la questione -: si tratta di un’opportunità e non ci sono rischi per la salute. Se non usiamo queste risorse naturali in emergenza, quando dovremmo usarle? Tra l’altro, si tratta di impianti a cui non sono stati apportati i necessari ammodernamenti in questi anni di stop, dunque servirà qualche mese per far ripartire la produzione. Dobbiamo agire subito, o per le necessità di riscaldamento in autunno arriveremo troppo tardi. Si potrebbe ritornare in un tempo ragionevole alla media storica di 9 miliardi di metri cubi, considerando che in tutti questi anni le aziende non hanno fatto investimenti, vista la situazione di stallo».
Il quadro
La produzione marchigiana, prima della moratoria del 2019, poteva contare di 36 piattaforme, 210 pozzi totali e 116 pozzi produttivi. Il Pitesai corregge soltanto in parte il tiro ed in ogni caso, da quando è stato pubblicato a febbraio, poco o nulla si è mosso sul versante della riattivazione degli impianti bloccati nel 2019. Intanto, Paesi come la Croazia utilizzano i giacimenti dell’Adriatico senza temere concorrenza. E da un punto di vista ambientale - aspetto che aveva spinto allo stop del 2019 - è un controsenso, dato che lo specchio d’acqua è lo stesso. Nelle scorse ore si sono rincorse notizie su un possibile innalzamento del livello di crisi del sistema gasiero nazionale dalla soglia di preallarme a quella di allarme - scenario che, nel caso, verrebbe definito nell’incontro al Mite di oggi - ma per il momento pare che la decisione sia stata messa in stand by.
Il caro prezzi
Intanto, il prezzo del metano alla Borsa di Amsterdam è balzato del 43% in una settimana, passando da 82,50 euro a 117,74 euro, con picchi di 134 euro al MWh. Un doppio problema, quello della contrazione delle risorse e del conseguente aumento dei costi, che non può che peggiorare nei prossimi mesi. Ed intanto l’Adriatico resta a guardare.
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