Adolfo Guzzini e il grido d’allarme: «Attenti imprenditori passa l’ultimo treno. Tutti insieme o è finita»

Adolfo Guzzini e il grido d’allarme: «Attenti imprenditori passa l’ultimo treno. Tutti insieme o è finita»
Adolfo Guzzini e il grido d’allarme: «Attenti imprenditori passa l’ultimo treno. Tutti insieme o è finita»
di Andrea Taffi
4 Minuti di Lettura
Martedì 26 Novembre 2019, 10:31
Adolfo Guzzini, un anno dopo l’entrata di iGuzzini in Fagerhult. Quanto cuore ha messo dentro questa storia?
«Il giusto. Non ho deciso in base al sentimentalismo. Ho cercato solo il bene dell’azienda».
Rifarebbe tutto?
«Sì. Eravamo pronti a crescere ancora, c’era stata una stretta di mano. Poi è arrivata la proposta degli svedesi ed è cambiato tutto».
Ma qualche sogno nel cassetto lo avrà pur lasciato.
«Ai miei dipendenti quando sognavo di diventare co-leader nazionale e guardavo all’Europa, dicevo sempre: bisogna uccidere il nemico. Siamo andati molto più in là, siamo arrivati a competere in tutto il mondo. Il mio sogno nel cassetto? Illuminare l’altra faccia della luna».
E adesso che può guardare la luna con meno ansia cosa vede se si guarda in giro?
«Vedo imprese che non capiscono il loro ruolo sociale. L’impresa non si può più fare solo all’interno dell’azienda. L’imprenditore deve riconsegnare al territorio non solo una parte dei proventi realizzati ma anche le conoscenze. Così crei un ecosistema intorno a te. E se non hai la filiera te la crei».
Qualche esempio.
«Guardi dietro di noi. I subfornitori ce li siamo creati. Abbiamo spinto i nostri collaboratori a mettersi in proprio, fatto accordi, ceduto macchinari e competenze. Lo abbiamo fatto con sistemi informatici e sistemi informativi».
Le altre aziende non lo stanno facendo?
«Non in maniera efficiente. Ci deve essere un’unitarietà di valori e di operatività».
Allora è il sistema delle rappresentanze che marcia male.
«Infatti il mio appello è rivolto a tutte le associazioni datoriali: le Confindustrie in primis, Confapi, le confederazioni degli artigianato, chi si occupa di servizi».
Le Confindustrie, appunto. Nelle Marche un sistema al plurale.
«Stiamo lavorando per unirle e contiamo di farlo il prossimo anno. C’è stato un ritardo per eccessi di competitività, ora fare la fusione tra le cinque province è possibile. Avere una lobby forte significa avere filiere forti. Bisogna lavorare con una volontà unitaria che poi nei singoli sviluppi di mercato delle aziende possa consentire a tutti di crescere. E bisogna rigenerare la formazione». 
Tipo?
«Io rifonderei tutto dalle elementari e medie fino alle superiori. Vanno formati docenti e ragazzi. Sono tutti demotivati, dobbiamo aiutarli a crescere, portare una cultura competitiva e sociale. Confindustria deve aumentare i propri rapporti con l’ufficio scolastico regionale. Nel 2001 abbiamo preso l’istituto tecnico di Recanati, ci abbiamo messo risorse e abbiamo inventato l’alternanza scuola lavoro ante litteram. Molti nostri dipendenti vengono da lì. Anche questo significa fare eco-sistema». «Ancora: i ragazzi vanno motivati a fare sport, non sanno correre. Non conoscono la Costituzione: il ciclo della formazione va rifondato».
E le università?
«Migliorate ma...».
Ma?
«Non condividono progetti. Intanto la Politecnica ha 700 studenti in meno nel 2018 rispetto ai 300mila che tira fuori la Cina ogni anno. E le Confindustrie si lamentano del basso numero di tecnici». 
L’Istao vi aiuta?
«Bisogna che tutti ci credano, Confindustrie in primis. L’Istao migliora i laureati. È un peccato che viva a mezzo servizio».
È una chiamata alle armi per gli imprenditori: non siate egoisti. 
«Bisogna restaurare le Marche, non i singoli pezzi. Lo dico ad associazioni e politica: dobbiamo far crescere le piccole e medie imprese».
Cosa pensa dell’aeroporto?
«Speriamo riparta. Vedere questo sciopero di 14 persone è imbarazzante: io avrei sistemato i conti in modo diverso».
Facile parlare.
«Noi nel Sanzio abbiamo messo 1,7 milioni di euro. Pensa che a me facesse piacere licenziare le persone? Ma se non avessi fatto così avrei chiuso l’azienda».
L’aeroporto è strategico, siamo una regione già confinata. 
«Va completata la Quadrilatero anche per le vallate da collegare. La ferrovia per Roma è un disastro».
Parliamo di turismo?
«Quando lo mettiamo in piedi? La Regione pensa di aver fatto molto. Qualcosa è nato: ma bisogna fare di più. Analisi di tutti i comparti, i singoli circuiti. E poi digitalizzando si può arrivare ovunque» 
La Regione di Ceriscioli dopo cinque anni ? 
«Il governatore è una brava persona. Ha commesso qualche errore con i dirigenti. E la nostra Bichisecchi è stata tenuta troppo tempo in sospeso».
È per una discontinuità a palazzo Raffaello?
«La sanità territoriale mi ha molto deluso. Recanati è stata depauperata, l’ospedale di bacino è diventato di Ancona Sud».
Lei è molto legato a Visso: la gestione del post sisma?
«Altro grave errore: non è accettabile quello che è successo. Siamo stati sempre presenti ma non siamo riusciti a sbloccare niente. Avrei occupato le strade per Visso e Muccia per chiedere attenzione. Qui si è parlato solo di Amatrice e Norcia. Ceriscioli è stato troppo prudente nell’aggredire i grossi problemi». 
Disconuità sì o no?
«Spero in un presidente di Regione più attento allo sviluppo economico e occupazionale. Mi reputo un moderato, un democristiano, progressista, innovatore ma con una squadra dietro le spalle. Senza la squadra non vai da nessuna parte».
Potesse chiedere tre cose al nuovo governatore?
«Più cultura imprenditoriale, investire sulla ricerca innovativa. E infrastrutture».
Se il nuovo governatore le chiedesse: mi dai una mano? 
«Sono a disposizione ma incarichi operativi no. Devo prendermi qualche vacanza, ha ragione mia moglie».
 
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