Meloni: Acquaroli è il candidato del centrodestra. Lega acida: «Potevano avvisare»

Francesco Acquaroli, il deputato di Fratelli d'Italia candidato governatore per il centrodestra
Francesco Acquaroli, il deputato di Fratelli d'Italia candidato governatore per il centrodestra
di Andrea Taffi
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Sabato 21 Dicembre 2019, 07:37 - Ultimo aggiornamento: 07:40

ANCONA Quel che non è successo in tre mesi di ruminanti consultazioni e silenziose battaglie di retroguardia, si materializza in tre ore. Francesco Acquaroli, deputato di Fratelli d’Italia ed ex sindaco di Potenza Picena, sarà candidato dal centrodestra per le Marche. L’evento che sfugge a tutte interlocuzioni e agisce da detonatore è la pubblicazione del sondaggio Tecnè sul Corriere Adriatico di ieri mattina. Con le intenzioni di voto (Lega 36%, Pd 19.8%, Cinque Stelle 17.3%) ma soprattutto con le preferenze tra alcuni nomi in campo che vedono in testa il senatore leghista Paolo Arrigoni con il 52% e due punti dietro i due nomi di Acquaroli e Castelli. 
Il colpo di mano nell’aria 
La presidente di Fratelli d’Italia, Meloni di prima mattina legge il sondaggio e collega la visita di Matteo Salvini ad Ancona lunedì prossimo fiutando il colpo di mano della Lega nelle Marche (con annessi accordi del tavolo nazionale che diventano carta straccia). Tempo tre ore e Fratelli d’Italia esce con la nota: Fitto candidato in Puglia e Acquaroli nelle Marche. Le sottolineature chiave della nota sono due. La prima in apertura: «Nel rispetto degli accordi assunti con gli alleati che, oltre all’Emilia-Romagna e alla Calabria, riguardano tutte le altre Regioni» a cui segue il rinnovo dell’appoggio per le scelte già fatta dalla Lega. La seconda: «Allo stesso tempo, sempre in base agli accordi assunti annunciamo le candidature (...). Come sempre Fratelli d’Italia sarà coerente e leale rispetto agli impegni presi con gli alleati del centrodestra, e siamo certi che anche loro sapranno fare altrettanto».

 
Il concetto di lealtà
Non c’è bisogno di un corso di politichese per dare un’interpretazione al concetto di lealtà. Fratelli d’Italia cristallizza così una decisione che stava maturando da dieci giorni a questa parte dopo che per lunghe settimane l’ex sindaco di Guido Castelli era stato in pole position. Il peccato originale di Castelli è il suo recente ingaggio e il non essere un militante della prima ora. Tradotto: candidare Castelli insieme a Fitto, anche lui salito in corsa sul carro della Meloni, sarebbe stato un messaggio pericoloso ai militanti. Meloni ha avvisato Castelli in tarda mattinata. Il senso della comunicazione a spanne è stato questo: caro Guido, mi dispiace, avrai un incarico nazionale e una candidatura a Roma se, come sembra, si tornerà presto a votare. 
Rovesciato l’assetto di partenza
Si rovescia quindi l’assetto delle preferenze dei due contendenti: Castelli aveva messo la fiche su palazzo Raffaello mentre Acquaroli si era detto convinto di continuare il suo lavoro a Roma. Parte il tam tam: la Lega alle 16 annuncia fuoco e fiamme, un’ora dopo se la cava con una tirata d’orecchie con asterisco per voce del coordinatore Arrigoni: «Ci aspettavamo metodi diversi e una maggiore condivisione». L’asterisco? «La questione passa in mano a Salvini» dice il senatore del Carroccio. Chi invece non nasconde un sorriso è il Pd che, dati Tecnè alla mano, deve recuperare 17 punti alla Lega (e tralasciamo le coalizioni): contro Acquaroli la rimonta è possibile, si sussurra al tavolo pomeridiano tra coalizione di centrosinistra e giunta. Qualcuno ricorda la storia dell’Abruzzo dello scorso anno: venne proposto il romanissimo e sconosciuto FdI Marsilio (aquilano per parte di madre) che vinse ma si ritrovò quattro assessori leghisti in giunta. Tempo tre mesi e alla prima nomina possibile (i dirigenti sanitari, tutti targati di Fratelli d’Italia) il neo governatore non consultò la Lega e come risposta si trovò la richiesta di verifica sul tavolo. Il resto, in scia.
Il nuovo candidato
E Acquaroli? Anni 45, laureato a Macerata in Economia, ha fatto politica sin dai tempi universitari: è entrato in consiglio regionale nel 2010 (indagato per Spese facili è stato assolto con l’abbreviato due mesi fa), nel 2014 ha conquistato il Comune di Potenza Picena. Nel 2015 ha obbedito al Pdl che gli ha chiesto di candidarsi a governatore contro Ceriscioli, Maggi e Spacca: terzo con il 18% e 113mila voti. Nel 2018 si candida per il Parlamento e fa bingo: nella conta dei resti, grazie a un decimale a favore sull’allora segretario regionale Pd, Comi conquista l’ultimo seggio alla Camera della circoscrizione Marche 1. Nei 20 mesi da deputato firma da primo una proposta di legge e ne condivide una sfilza insieme ai colleghi di area. Nelle ultime settimane l’autogol della partecipazione alla “famosa” cena di Acquasanta per celebrare il 22 ottobre e la marcia su Roma di Mussolini con tutti i distinguo del caso avanzati dai molti presenti («Non sapevo, colpa degli organizzatori»). 
 

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