Un summit inevitabile, appunto: primo importante tassello per iniziare a delineare la rotta del Partito democratico in vista delle Regionali nelle Marche di fine primavera e decidere che strada prendere per cercare di mantenere il governo del territorio (nonostante i sondaggi e gli umori).
I nodi da sciogliere
Missione difficile, ha ammesso lucidamente il leader nazionale dei dem guardando negli occhi il presidente Ceriscioli: «Sono preoccupato per le Marche», gli ha ripetuto Zingaretti ripercorrendo le ultime vicissitudini del partito regionale che ha visto sgretolarsi la sua coriacea unità proprio sulla direzione da prendere in queste ore decisive, ma soprattutto sulla candidatura bis del governatore pesarese. Al netto dei terribili sondaggi, che vedono Ceriscioli in svantaggio rispetto ad altri ipotetici candidati (e staccato di 20 punti da qualunque candidato di centrodestra), Zingaretti ieri ha ammesso di essere preoccupato per le Marche, ma non solo. Lo impensierisce - se ad alfiere fosse confermato Ceriscioli - la «tenuta della coalizione di centrosinistra» e anche la consistenza dell’ipotetica alleanza del Pd con il Movimento 5 Stelle. Tre argomenti che gravitano tutti attorno alla figura del presidente, appunto: perché gli alleati proprio nelle ultime settimane - con Italia Viva in testa - hanno fatto sapere che vedrebbero di buon occhio un passo indietro del governatore. E se dovesse prendere forma il patto giallorosso, i pentastellati hanno già fatto sapere che si dovrà lavorare attorno a una candidatura che non sia di partito. Dunque Ceriscioli sembra essere stato messo all’angolo, nonostante la difesa (di facciata) del segretario regionale Gostoli (che in realtà non lo difende per nulla) e nel silenzio blindatissimo dei massimi vertici dem.
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