​Volontario del servizio civile risultava al lavoro in un centro diurno, ma nella struttura non si era mai visto

Il Tribunale di Macerata dove si è tenuta l'udienza
Il Tribunale di Macerata dove si è tenuta l'udienza
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Giovedì 23 Luglio 2020, 06:35
TREIA - Volontario del servizio civile accusato di truffa: risultava essere in un centro per disabili, ma era altrove. Sulla carta per tutta l’estate del 2018, da maggio ad agosto, era impegnare a prestare il proprio contributo in un centro diurno per disabili a Treia, invece in quella struttura non l’aveva visto nessuno. È finito sotto processo per truffa un 29enne originario del napoletano ma residente a Macerata. 
Ieri mattina il giovane ha patteggiato sei mesi di reclusione (pena sospesa) e 300 euro di multa. I fatti risalgono a tre anni fa. In base a quanto ricostruito dalla procura nel corso delle indagini preliminari – il fascicolo è del sostituto procuratore Vincenzo Carusi – il giovane, in qualità di volontario del servizio civile, era stato assegnato a un centro diurno per disabili a Treia. Lì si sarebbe dovuto recare per prestare il proprio servizio ai lavoratori e agli ospiti della struttura, ma nei quattro mesi estivi nessuno lo aveva visto.
Sulla carta invece il giovane era presente. Per la procura avrebbe attestato falsamente di aver lavorato nel centro per disabili avvalendosi di un’altra persona rimasta sconosciuta per contraffare la propria sottoscrizione e quella del responsabile della cooperativa che gestisce il centro diurno, nonché operatore locale di progetto di servizio civile, inducendo in errore i funzionari del Comune di Macerata e percependo così il compenso complessivo di 1.250 euro.
Quando fu scoperto, il fatto fu portato all’attenzione dell’autorità giudiziaria. Ieri mattina l’udienza preliminare davanti al gup del Tribunale di Macerata, Giovanni Maria Manzoni. Il giovane nel frattempo ha risarcito il Comune pagando 1.300 euro e ieri, tramite il suo legale, l’avvocato Andrea Tiburzi, ha patteggiato con il pubblico ministero Enrico Riccioni la pena di sei mesi di reclusione – beneficiando della sospensione condizionale – e il pagamento di 300 euro di multa. L’ente comunale, risarcito, non si è costituito parte civile nel procedimento.
 
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