SAN GINESIO - Dice no al razzismo nei confronti dei russi e all’identificazione di tutti i suoi connazionali con la guerra di Putin. E per far conoscere il messaggio sta compiendo una vera e propria impresa: un lunghissimo viaggio in bici dalla “sua” San Ginesio a San Pietroburgo. Daniil Shedko Andreevich, diciottenne di origini russe, crede che il mondo possa cambiare davvero. E lo fa partendo da un appello: «No alla russofobia».
Da uno degli storici borghi dell’entroterra maceratese, il giovane ex studente dell’istituto Filelfo di Tolentino ha trovato la forza di ribellarsi a chi, dopo l’avvio del conflitto in Ucraina, ha condannato indistintamente i russi, paragonandoli al loro governatore. Una missione, la sua, raccontata sulle pagine Instagram e Tik Tok, sotto il nome di Monokov.
«Il mio non è un messaggio di propaganda politica - tiene subito a puntualizzare - ma una missione contro il razzismo. Vorrei parlare soprattutto all’Europa, affinché capisca che non tutti i russi sono come Putin. Lo ripeto, non sto difendendo il governo russo, ma sto semplicemente ricordando al mondo che siamo tutti essere umani». La sua reazione è scaturita a seguito dell’odio che spesso ha sentito nelle parole di chi vede l’intero popolo russo come carnefice. Daniil vive in Italia dal 2009: appena arrivato ha vissuto a Civitanova e dal 2013 si è trasferito con la mamma e la nonna a San Ginesio. È da qui che il 6 marzo scorso è partito: in mano la bandiera russa e la scritta «Russians are not Putin».
«Mi è capitato che alla vista del vessillo qualcuno abbia provato ad aggredirmi verbalmente - racconta -.
Sono comunque tante le persone che, come mamme e nonne, gli stanno dando aiuti e ospitalità. Secondo i suoi programmi, oggi dovrebbe essere a Berlino. «In Italia sono passato per Ancona, Bologna, Treviso, Udine. Poi sono arrivato in Slovenia, in Croazia, in Ungheria, in Slovacchia, in Austria, in Repubblica Ceca e ora sono in Germania. In queste città mi sono trovato a protestare al fianco di chi difende gli ucraini e la mia presenza è servita a far capire che tutti vogliamo la stessa cosa: il rispetto delle persone al di là della razza». Ogni tappa di questo viaggio è scandita dalle foto sui social che parlano di determinazione, ma anche di come il dialogo stia lasciando un seme nelle terre in cui passa.
«In tanti mi chiedono perché sto facendo tutto questo - scrive in un post - visto che ormai sono più italiano che russo. Ed in effetti è vero: quando sono all’estero rispondo sempre che vengo dall’Italia, ma spiego anche il motivo per cui sono in viaggio. In questo caso sto difendendo la terra da cui vengo, ma a cui non appartengo più. È il senso del dovere che mi ha spinto a non restare con le mani in mano».