Caffè del Corso apre per protesta. Addario: «Qui si sono superati tutti i limiti»

Alcuni commercianti nel bar di Porto Recanati con la titolare Emanuela Addario
Alcuni commercianti nel bar di Porto Recanati con la titolare Emanuela Addario
di Mauro Giustozzi
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Sabato 16 Gennaio 2021, 07:00

PORTO RECANATI - Il Caffè del Corso aperto anche dopo le 18: Emanuela Addario è la titolare nonché ex candidata alle regionali della Lega. «Ho aderito all’iniziativa “Io apro 1501”: una forma di protesta democratica, rispettando le norme del distanziamento e tutte le altre cui ci sottoponiamo nei giorni in cui possiamo lavorare. Reputo che questa sia una violazione da parte del governo della Costituzione nella parte in cui si dice che il lavoro è un diritto».

 
La sua attività ha ricevuto poi i ristori annunciati dal governo Conte? 
«Dopo tanti proclami fatti dall’esecutivo devo dire che io non ho ricevuto né i ristori di dicembre ma neppure quelli di ottobre. Questi rimborsi sono davvero esigui rispetto alle perdite accumulate: non ci coprono neppure le spese del locale chiuso. Vorrei far capire che pur una piccola attività come la mia ha dei costi fissi di gestione: le utenze, gli affitti, noi abbiamo dovuto fare a meno dei dipendenti, due nel periodo invernale. Si tratta di persone cui dietro ci sono delle famiglie in gravi difficoltà. Non vogliamo i ristori che sono un’elemosina, noi vogliamo solo che ci facciano lavorare». 
Questa incertezza rischia di bruciare anche la stagione estiva che rappresenta il clou per Porto Recanati. 
«Se la situazione resta questa sarò costretta a restringere anche in vista del periodo estivo quelle che sono le assunzioni stagionali, di solito sei. E’ tutto l’indotto che in questo modo viene fermato. Con questa protesta non vogliamo fare delle forzature ma solo segnalare le nostre difficoltà ad andare avanti. Ci siamo adeguati in tutto: ci hanno fatto chiudere nel lockdown, poi abbiamo riaperto mettendo a norma col distanziamento tra i tavoli. Addirittura ho messo tavoli solo all’aperto: si è disinfettato il locale, acquistato i dpi necessari per chi lavora. Tutto a nostre spese».
Con le Marche che scivolano in zona arancione non solo chiusura alle 18 dell’attività ma anche divieto di fare l’asporto. 
«Fare l’asporto ha un costo per noi esercenti, che di certo non possiamo far pagare al cliente. Ora non sarà possibile fare più neppure questo. L’ennesimo colpo per un settore che già stenta a sopravvivere. Considerate che da quando sono scattate queste restrizioni posso calcolare un calo del 70% del fatturato». 
Addario, le comunicazioni all’ultimo momento della colorazione delle zone crea problemi? 
«Certo, problemi enormi perché non riusciamo a organizzare l’attività: sia nei confronti dei fornitori verso i quali non sappiamo come ordinare, sia perché se si fanno troppe scorte si rischia poi di dover gettare via tutto perché magari solo 24 ore prima ci dicono che bisogna stare chiusi.

Per non parlare poi dei clienti che non ci capiscono più nulla: sono terrorizzati, chiedono a noi se quel giorno possono entrare a bere un caffè al bancone oppure no. Si sono superati tutti i limiti». 

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