Pamela, lo sfregio: genitali mutilati
Candeggina per lavare le prove

Pamela, lo sfregio: genitali mutilati Candeggina per lavare le prove
di Daniel Fermanelli e Benedetta Lombo
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Sabato 3 Febbraio 2018, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 4 Febbraio, 10:17

MACERATA Nella galleria dell’orrore di quel che resta del corpo di Pamela Mastropietro spunta un altro nigeriano. E spuntano anche nuovi particolari raccapriccianti. Ieri sera i carabinieri hanno portato in caserma un giovane sospettato di aver accompagnato Innocent Oseghale ad acquistare le due taniche di candeggina con cui il trentenne ha poi lavato le parti del corpo della ragazza romana prima di metterle in due trolley. Un lavoro metodicamente folle con nuovi particolari agghiaccianti. Il nigeriano, infatti, ha sezionato il corpo della diciottenne in una quindicina di parti tagliando anche seni e monte del pube. 

 

I dubbi 
Sul significato di queste asportazioni, però, gli inquirenti non sono ancora riusciti a far chiarezza. La voce che si era fatta strada con insistenza ieri mattina è che tali recisioni fossero legate a una sorta di rituale voodoo. La voce trovava un sostegno anche in un particolare che sarebbe emerso in merito al passato di Oseghale ovvero che, da ragazzo, sarebbe stato curato da un santone. Ma la circostanza delle asportazioni legate a un rituale è stata smentita dai carabinieri. Per quanto riguarda l’asportazione e la ripulitura con la candeggina del monte del pube, si fanno diverse ipotesi. Voleva mascherare una violenza? Riscontrate anche coltellate al fegato e all’addome. I militari stanno aggiungendo nuove tessere al mosaico investigativo che potrebbe ampliarsi questa mattina, nell’udienza di convalida fissata dal Gip Giovanni Manzoni in tribunale, se Oseghale deciderà di fornire particolari utili. Il 29enne nigeriano, difeso dall’avvocato Monia Fabiani, oltre ai reati di omicidio, occultamento e vilipendio di cadavere, deve rispondere di detenzione di droga (i 70 grammi di hashish trovati in casa).

Il quadro
Oseghale ha incontrato Pamela la mattina del 30 gennaio ai giardini Diaz. Lei avrebbe chiesto dell’eroina, ma il nigeriano, che aveva con sé solo hashish, l’avrebbe portata nei pressi dello stadio dei Pini dove c’era un connazionale con la droga pesante. Fatto ciò, Oseghale avrebbe accompagnato Pamela (che era fidanzata con un giovane originario di Castel di Sangro) alla farmacia in via Spalato per acquistare una siringa e poi l’avrebbe fatta salire nel suo appartamento. Lì il buio e la carneficina. Per gli inquirenti Oseghale avrebbe smembrato il corpo di Pamela in balcone dove i Ris hanno trovato macchie di sangue. Un lavoro certosino fatto con un coltello o con una mannaia (entrambi sequestrati). Prima di straziare il corpo il nigeriano sarebbe andato, forse con un connazionale, in un negozio per comprare due taniche di candeggina (10 litri) utilizzata per pulire minuziosamente ogni parte del corpo di Pamela e la casa. Nella tarda serata di ieri un nigeriano, che abita a Macerata, è stato condotto in caserma dove è stato sentito come persona informata sui fatti e subito dopo rilasciato.

L’udienza 
Sin dal momento del fermo avvenuto mercoledì 31 gennaio, Oseghale ha sostenuto di non aver ucciso Pamela né di averla smembrata. Il 29enne era arrivato in Italia (a Messina) su un barcone il 24 agosto del 2014. Prima aveva lavorato come imbianchino. A Macerata ad aprile del 2015 era entrato nel progetto Sprar “Macerata accoglie” e affidato alla Ong Gus. Aveva seguito corsi per pizzaiolo e saldatore, ma il 3 febbraio 2017 fu arrestato per aver spacciato marijuana a un minorenne, tre giorni dopo con revoca prefettizia fu estromesso dal progetto. Lui aveva presentato ricorso contro la revoca, condannato a 4 mesi per lo spaccio aveva presentato ricorso anche contro la sentenza e attualmente entrambe le procedure sono pendenti. In primavera è scaduto il suo permesso di soggiorno, ma nel frattempo ha avuto una figlia da una ragazza italiana e, pur essendogli stata revocata la patria potestà, è difficile che venga allontanato dalla figlia.

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