Salvini: «A Civitanova requisite 315mila mascherine destinate alle farmacie». Critiche ​ad Arcuri

Matteo Salvini
Matteo Salvini
di Benedetta Lombo
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Giovedì 7 Maggio 2020, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 13:32
CIVITANOVA - «Trecentoquindicimila mascherine ordinate, pagate ma requisite a Civitanova Marche dal commissario Arcuri per destinarle alla Protezione civile nazionale. Risultato: trenta farmacie che avevano versato l’acconto, si ritrovano senza dispositivi. È l’ennesimo episodio di una lunga serie: chiederemo spiegazioni». L’annuncio arriva direttamente dal leader della Lega Matteo Salvini che ieri, informato dell’accaduto, ha voluto condividere il proprio disappunto impegnandosi a chiedere chiarimenti sulla vicenda. 
L’antefatto è questo: circa un mese fa la Al.Si. srl di Fermo – “una società di consulenza aziendale, specializzata in import/export e marketing strategico, con contatti privilegiati da e verso il mercato cinese ed europeo, tedesco in particolare”, così si legge sul sito dell’azienda – ha effettuato un ordine di 315.000 mascherine direttamente dalla Cina. Nella fornitura rientravano sia le mascherine chirurgiche sia le Ffp2 senza filtro, le Kn95 per la precisione. 
«Quando abbiamo fatto l’ordine – spiegano dall’azienda – non si parlava assolutamente della possibilità che i dispositivi potessero essere requisiti. Anzi. Quando abbiamo ordinato le mascherine, anche se all’epoca il prezzo era ancora libero, abbiamo venduto quelle chirurgiche a 0,55 euro mantenendo un prezzo molto basso per fare un servizio alle farmacie, cosa che penso non abbia fatto nessuno». 

 
I dispositivi erano stati richiesti da 30 farmacie fuori regione e un ordine - hanno rivelato i vertici dell’azienda - era arrivato anche dal Senato, delle trenta farmacie 15 avevano già pagato un acconto di circa il 75%. In totale la società fermana aveva pagato circa 128.000 euro (93.000 per le mascherine e 35.000 per il trasporto), a cui vanno aggiunti l’Iva al 22% e il 6,3 di dazi per lo Stato. Giovedì scorso il lotto è arrivato a Civitanova ma l’intero carico è rimasto all’Agenzia delle dogane. «Ci avevano detto di aspettare per lo sdoganamento – spiegano ancora dalla società – ma ieri (martedì per chi legge, ndr) ci hanno detto che venivano requisite. Onestamente non sappiamo cosa fare, vorremmo capire qual è l’importo che lo Stato pagherà, perché se le requisiscono ce le devono pagare».
E il problema delle mascherine anche in provincia non è ancora risolto, anzi. 
«In provincia siamo nelle condizioni di non avere ancora le mascherine che il Arcuri ci aveva promesso e che avrebbero dovuto essere in distribuzione nei primi di maggio. Chi aveva fatto un deposito di mascherine le sta ancora dispensando in alcuni casi anche sotto il costo di acquisto, ma quelle promesse da Arcuri non sono ancora presenti nel ciclo distributivo delle farmacie». Ad affermarlo è il presidente dell’Ordine dei farmacisti Macerata, Luciano Diomedi, che ha aggiunto: «Attualmente stiamo usando le vecchie scorte che avevamo ma anche le scorte stanno terminando». Per quanto riguarda i prezzi dei dispositivi i farmacisti si sono adeguati a quelli imposti dal governo e l’Ordine ha avviato dei controlli per accertare eventuali speculazioni sui prezzi ma non sono stati riscontrati casi in provincia, né segnalazioni sono giunte da Nas e Guardia di finanza. «Questo mi riempie di orgoglio – ha aggiunto Diomedi –, stiamo facendo un lavoro importante con la paura nostra di contrarre il virus ma allo stesso tempo siamo impegnati a rasserenare la popolazione per cercare di superare questo momento».
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