Duilia non si arrende, dopo il sisma supera il lockdown. A 91 anni riapre il ristorante e torna in cucina

Duilia Caporaletti
Duilia Caporaletti
di Emanuele Pagnanini
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Giovedì 4 Giugno 2020, 04:55
SANT’ANGELO IN PONTANO - Quello che non era riuscito a fare il terremoto, stava per riuscire a farlo il Coronavirus. Non la malattia, ma la conseguenza che ci ha toccato tutti: stare chiusi in casa per due mesi. Senza far niente. Condizioni che Duilia Caporaletti non ha mai vissuto in quasi 91 anni. Dal 20 febbraio del 1968, il suo posto è sempre stato nella cucina del ristorante che porta il suo nome nel centro storico di Sant’Angelo in Pontano. A parte i due anni di chiusura imposti dall’inagibilità dopo il sisma. Però non l’aveva neanche sfiorata l’idea di fermarsi. Ma il lockdown, quel termine inglese che significa divieto di poter varcare la soglia di casa, le aveva fiaccato lo spirito. Vitalità che ha ritrovato improvvisamente con la riapertura del suo ristorante. 
Sabato scorso si è messa di buona lena ed ha impastato, steso e tagliato pasta fresca per sette ore consecutive. Da sola ha preparato tutta la scorta per il menu di primi di domenica 31, quando il ristorante da Duilia ha riabbracciato i clienti. E dire che fino a qualche giorno prima non riusciva ad alzarsi dal letto. «Se serve, vengo io in cucina», le sue uniche parole. Ed eccola con il mattarello in mano. «Una trasformazione che ci ha riempito il cuore di gioia – racconta il figlio Roberto Marucci che gestisce il ristorante –, miracolosamente Duilia è tornata al suo posto». 

 
«Purtroppo la quarantena l’aveva debilitata - prosegue il figlio -, fisicamente ma soprattutto psicologicamente. Nel mese di febbraio, oltre che lavorare, faceva 2 chilometri a piedi ogni giorno per andare a trovare i parenti. Poi non riusciva più a fare neanche due metri. Stava sempre a letto. Poi, in vista della riapertura, ci è arrivata la comunicazione che la donna che ci dà una mano in cucina a fare la pasta, ha avuto una distorsione alla spalla, le servono 20/30 giorni di riabilitazione. Allora la mamma si è alzata è ha detto: se serve, vengo io. E per 7 ore ha fatto la pasta. Il giorno dopo, domenica, quello della riapertura, ha dato anche una mano a lavare i piatti. È sempre lei la “capa”, non c’è niente da fare». Una mano a ripartire le è stata data anche da alcuni integratori vitaminici. Ma è nello spirito che Duilia si è rinfrancata. «Non è che voglia lavorare a tutti i costi – spiega ancora il figlio – è che per chi ha sempre lavorato, non vede altra condizione per andare avanti se non quella di lavorare. Nella nostra famiglia da sempre ci è stato insegnato che bisogna lavorare per vivere: non per essere ricchi e fare tanti soldi, per vivere». Dunque ritorno alla normalità, anche se nelle terre del cratere questa è una parola che ha cambiato completamente significato. «Siamo ancora terremotati, la nostra casa è inagibile e il ristorante è un container cui abbiamo aggiunto i tavoli all’aperto. La ricostruzione? La vedo sempre più lontana. Vedo che le uniche case ad essere state rifatte sono seconde abitazioni di gente da fuori regione. Io credo che la priorità bisognava darla alle prime case». Insomma, da queste parti l’emergenza è di casa, è non è rappresentata dal Coronavirus. «Per carità, ha fatto e fa paura, perché ci sono stati tanti morti. Però dal punto di vista del lavoro, non ci ha spaventato affatto. Siamo stati chiusi due anni, che vuoi che siano due mesi? Se non ci ha piegato il terremoto, non ci piegherà di certo il virus». A dare fiducia è l’apertura delle frontiere con l’estero. «Qui intorno nei mesi di luglio e agosto ci sono tanti turisti inglesi e olandesi che affittano case coloniche. E mangiano quasi sempre fuori. Di solito fanno o un pranzo tardi, dopo una colazione all’inglese, o una cena presto, mai tutte e due. Vanno pazzi per i nostri primi piatti. L’unica cosa che ci sorprende è che terminano ogni pasto con un cappuccino. Vederselo ordinare dopo aver servito un piatto di pappardelle al cinghiale, per noi è veramente strano». Come strano, per Duilia, è stato, dopo il terremoto, dover ricominciare da un container posizionato nella splendida terrazza panoramica dello storico locale. Ha dovuto rinunciare a diversi coperti per motivi di spazio. E ora altre difficoltà le ha superate per rispettare le norme di distanziamento. Ma anche questa volta Duilia è ripartita. A 91 anni, con la grinta di sempre.
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