Dalma, unica non contagiata nell'ospizio-lazzaretto: «Sono la regina senza corona nell’inferno di Cingoli»

Adalma Sbergamo
Adalma Sbergamo
di Leonardo Massaccesi
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Mercoledì 20 Maggio 2020, 03:15
CINGOLI - E’ riuscita a tenere lontano per tutto il periodo dell’emergenza (ovvero per oltre due mesi) il Covid e ancora oggi è negativa al coronavirus. Ci è riuscita nonostante attorno a sé, nella casa di riposo di Cingoli, dove vive da meno di un paio d’anni, tutti gli altri ospiti sono stati mano a mano contagiati dalla malattia. Tutti tranne che lei, appunto. Trentanove su quaranta. Ha visto il dolore, la sofferenza e anche parecchi morti (dieci) purtroppo dentro quella struttura che per due mesi si è trasformata in un ospedale di frontiera, dove sono arrivati anche medici e personale della Marina per aiutare nella cura e nell’assistenza agli anziani colpiti dal Covid. Ma lei ha attraversato la tempesta senza contraccolpi. Ma non ditele che è stato un miracolo altrimenti si arrabbia. 
«Sono riuscita ad essere attenta e vigile – commenta la 77enne Adalma Sbergamo, conosciuta a Cingoli come Dalma, ex barista del Bar Duomo e già infermiera al Carlo Urbani di Jesi e all’ospedale di Cingoli –. Non riconoscevo i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari tutti bardati con quelle tute e quei dispositivi. Sembravano alieni intorno a mare! Ma non ho mai abbassato la guardia. Devo ringraziare quanti mi hanno telefonato, dai miei parenti ai conoscenti. Con tutti loro c’è stato un continuo scambio reciproco di sostegno e di conforto. Tante e lunghe chiacchierate che a volte mi stancavano ma ero anche curiosa di sapere quello che stava accadendo. Questo mi ha aiutato a resistere. Ma soprattutto il fatto di avere una camera singola tutta per me con una poltrona che amo tanto, dove mi sprofondavo e mi permetteva di vedere comodamente la televisione. Ho sempre preferito rimanere nella mia cameretta che stare con gli altri ospiti». E ancora: «Ho capito subito che la situazione si stava facendo grave, fin dai primi casi, anche grazie alla mia esperienza infermieristica - continua Dalma – Poi una volta che siamo stati sottoposti al tampone e sono risultata via via l’unica negativa, insieme ai miei parenti ho scelto di restare all’interno della struttura, nella convinzione che sarebbero state maggiori le incognite e le difficoltà se fossi tornata nella mia abitazione seppure in compagnia di una badante. E’ stata una scelta difficile e dura, ma che si è rivelata quella giusta. Mi dicevano ogni giorno ero trattata come una regina, perché ero la prima ad essere visitata e accudita – continua l’ex infermiera – Ed io rispondevo “Sì, regina, ma senza corona”. Sono stata tra i primi ospiti ad essere trasferita al nosocomio di Cingoli, prima al piano terra e poi nei giorni successivi in quello inferiore. Il trasferimento all’ospedale mi ha creato qualche problema risentendo di questi spostamenti e del cambiamento repentino delle mie abitudini. Più che tutta la situazione pregressa mi mancavano la poltrona e la cucina della casa di riposo».
Dalma ha anche qualcos’altro da raccontare. «Al tempo della spagnola una mia nonna era stata l’unica a non essere contagiata - racconta la donna - nonostante andasse di casa in casa a Capo di Rio (frazione di Cingoli) ad accudire i vicini ammalati. Su questa sorta di immunità genetica c’è un fondamento scientifico? - si chiede anticipando la domanda dell’interlocutore - Credo di no. E’ molto più vero che a contribuire alla mia salvezza siano stati esclusivamente la mia sistemazione in una camera singola, il frequentare poco i locali comuni prima dell’emergenza e le parole di conforto dei miei parenti. Poi ci ho messo tanto del mio: sono rimasta sempre lucida e attenta. Tutto questo insieme alla professionalità degli operatori sanitari da quando è esplosa l’emergenza». Sono quasi due mesi e mezzo che tutti parlano della casa di riposo di Cingoli, riferendo di una sola donna non contagiata tra i quaranta ospiti della struttura, dieci dei quali purtroppo nel frattempo deceduti: questa donna è proprio lei, la signora Adalma. Che non vede l’ora, passata la bufera, di tornare alla sua quotidianità, di sprofondarsi ancora in quella morbida, avvolgente poltrona che ama tanto.
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