Operaio respira le polveri di cuoio e muore, sotto processo il medico del lavoro

Un'aula del Tribunale di Macerata
Un'aula del Tribunale di Macerata
di Benedetta Lombo
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Giovedì 21 Luglio 2022, 05:50

MONTE SAN GIUSTO - Respira polveri di cuoio naturale e sintetico e muore a 63 anni per un carcinoma, medico del lavoro accusato di omicidio colposo. Ieri l’udienza preliminare a carico del professionista è stata rinviata al 14 dicembre per la chiamata in causa del responsabile civile. I familiari dell’operaio, la moglie e il figlio, si sono costituiti parte civile con l’avvocato Pietro Antonio Siciliano. 

 

In base a quanto ricostruito dalla Procura il medico del lavoro, Mauro Conti, sangiustese di 69 anni, avrebbe omesso di sottoporre l’operaio a un accertamento specifico che avrebbe potuto evidenziare la presenza del tumore.

I fatti: il 26 novembre del 2018 a un operaio che lavorava come tranciatore in un suolificio del posto, Livio Conti, viene diagnosticato un adenocarcinoma (una malattia professionale accertata dall’Inail e causata dall’esposizione alle polveri di cuoio naturale e sintetico). Un tumore maligno che non gli lascia scampo, l’operaio muore dopo poco più di quattro mesi, il 4 aprile del 2019. Il decesso viene comunicato all’autorità giudiziaria, la Procura apre un fascicolo ma all’esito degli accertamenti non vengono rilevati profili di responsabilità per cui viene chiesta l’archiviazione al Gip che archivia il procedimento.

I familiari dell’operaio, tramite il proprio legale, presentano un’istanza per chiedere la riapertura delle indagini, a loro avviso non sarebbero stati considerati degli elementi importanti. Il Gip accoglie la richiesta e il Pm Rosanna Buccini delega ulteriori accertamenti, vengono sentite due persone informate sui fatti e viene richiesta una relazione all’Asur. Secondo i nuovi accertamenti eseguiti il medico del lavoro avrebbe omesso di sottoporre l’operaio a rinoscopia anteriore giudicando l’uomo idoneo alla mansione lavorativa.

Per la Procura il medico avrebbe indicato l’esame ma non l’avrebbe mai eseguito sin dal 2013 e questo avrebbe determinato l’impossibilità di evidenziare il carcinoma ritenuto già presente visti i lunghi tempi di latenza del tumore. Il medico è difeso dall’avvocato Fabiola Cesanelli.
 

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