MACERATA - Nei giorni scorsi i militari della stazione carabinieri forestale di Macerata hanno riscontrato l’abusiva messa in secca di un tratto del fiume Chienti. La causa del prosciugamento di circa 400 metri di alveo è stata individuata dai carabinieri forestali in una captazione a scopo idroelettrico.
In particolare, i militari hanno constatato che era stato realizzato un terrapieno in ghiaia tale da formare uno sbarramento per l’intera larghezza dell’alveo in modo che tutta l’acqua fosse convogliata nel canale idroelettrico: questo al fine, secondo i carabinieri, di aumentarne la portata e di conseguenza la produzione di energia anche nei periodi più siccitosi come quelli della scorsa estate. È stato riscontrato inoltre che anche a valle del sistema di prelevamento del canale idroelettrico veniva rilasciata nell’alveo del fiume Chienti una minima parte dell’acqua necessaria a garantire il minimo deflusso vitale. Un intervento che comporta una seria minaccia all’integrità della vita dell’ecosistema fluviale.
Dallo sviluppo delle successive indagini è emerso che per i lavori di movimentazione della ghiaia, al fine di realizzare lo sbarramento alle acque a sevizio dell’opera di presa, non vi erano autorizzazioni né idrauliche né paesaggistiche e neppure edilizie.
I due soggetti indagati, in caso di condanna definitiva, rischiano pene fino ad un massimo di sette anni, tra reclusione ed arresto e fino a 200mila euro di ammenda. L’attività di polizia fluviale svolta dai reparti carabinieri forestali del Gruppo di Macerata, disposta dal comandante, il colonnello Luigi Margarita, è finalizzata a salvaguardare, oltre l’aspetto paesaggistico, il “bene acqua”, che è presupposto fondamentale per l’esistenza dell’ecosistema fluviale, ma costituisce anche sempre più una preziosa risorsa per la stessa vita dell’uomo.