Fila e caramelle per indicare la droga. Le frasi in codice dei pusher arrestati dai carabinieri

I carabinieri
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di Benedetta Lombo
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Giovedì 4 Febbraio 2021, 04:05

MACERATA - “Due fila”, “le caramelle”, “io adesso l’ho pigliata su, hai bisogno di qualcosa? Non so se hai bisogno”. Sono queste le frasi in codice utilizzate tra spacciatori e acquirenti per parlare di cocaina e della disponibilità a venderla, parole e frasi che pur centellinate al telefono e pronunciate sibillinamente non sono apparse così enigmatiche a chi le ascoltava.

Anche perché chi ascoltava le conversazioni aveva già avviato altre indagini tecniche e accertamenti tradizionali che giorno dopo giorno avevano consentito di aggiungere tasselli al mosaico accusatorio che si andava costruendo a carico di quattro persone: i maceratesi Ylli Troplini, fornaio di origine albanese di 49 anni, e Mariana Strambovschi, moldava di 39 anni, un falegname corridoniano di 50 anni, Simone Cippitelli (tutti e tre finiti agli arresti domiciliari), e Mattia Canullo, barista di Appignano di 36 anni, (per il quale è stato disposto l’obbligo di firma).


Le carte
Dalle carte dell’ordinanza eseguita martedì mattina dai carabinieri della Compagnia di Macerata (insieme a personale dell’Arma appartenente al Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Ancona, al Nucleo Ispettorato del Lavoro di Macerata ed al Nucleo Cinofili di Pesaro) emergono dettagli dell’attività di spaccio di cocaina messa su dagli indagati. Secondo quanto ricostruito dai militari coordinati dal sostituto procuratore Enrico Riccioni, la maggior parte dell’attività di spaccio avveniva all’interno di un casolare in cui vive il fornaio albanese, tra il capoluogo e Appignano, diventato una sorta di drive-in dello spaccio dove i clienti andavano, molti neppure scendevano dall’auto, pagavano, ricevevano la dose e andavano via, il tutto in una manciata di minuti. In quella casa andavano anche la moldava e il falegname corridoniano a spacciare cocaina.
Dagli accertamenti eseguiti è emerso che tanti acquirenti contattavano Troplini per sapere se era in casa e se potevano raggiungerlo e così andavano, compravano e si allontanavano. Qualcuno però al ritorno era stato fermato e trovato con dosi di cocaina e c’è stato chi ha dichiarato espressamente di averle acquistate da Cippitelli. Per quanto riguarda il barista appignanese Canullo, che avrebbe avuto un ruolo più marginale, gli inquirenti hanno appurato che più volte si sarebbe recato a prelevare denaro per poi raggiungere l’abitazione di Troplini. Anche il barista veniva spesso contattato da persone che gli chiedevano se avesse novità in merito a un non meglio precisato argomento che per gli inquirenti era, ovviamente, il possesso di cocaina.
Per il gip Claudio Bonifazi che ha emesso l’ordinanza, se anche singolarmente i quantitativi di stupefacente spacciati erano modesti, gli episodi erano «frequenti, reiterati e protratti nel tempo» nei confronti di una pluralità di acquirenti per i quali i fornitori costituivano «un affidabile e costante riferimento», in grado di soddisfare «un’ampia “platea” di consumatori».

Domani per gli indagati, difesi tra gli altri dagli avvocati Sandro Giustozzi e Francesco Iacopini, si terrà l’interrogatorio di garanzia.

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