Gentilucci, Unione montana: «Il 110% alle case agibili e nulla ai terremotati»

Gentilucci, Unione montana: «Il 110% alle case agibili e nulla ai terremotati»
Gentilucci, Unione montana: «Il 110% alle case agibili e nulla ai terremotati»
di Giulia Sancricca
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Venerdì 14 Ottobre 2022, 04:20 - Ultimo aggiornamento: 16:05

MACERATA  - Prorogato al 20 dicembre il termine di presentazione dei progetti per ricostruire gli edifici danneggiati dal sisma. Ma i nodi da sciogliere relativi alla ricostruzione restano molti e la richiesta di concretezza arriva da più parti. Il tema cardine riguarda i contributi: insufficienti - a detta degli addetti ai lavori - per portare a termine l’abbattimento e la ricostruzione di un edificio gravemente danneggiato. E se fino a poco tempo fa si poteva contare sul superbonus del 110 per cento per sopperire agli accolli, ora anche questo ha subito uno stop. Le conseguenze? Cantieri  bloccati. Ditte in difficoltà economica. Terremotati ancora senza casa a quasi sei anni da sisma. 

 

«È una vergogna - le parole del sindaco di Pieve Torina e presidente dell’Unione Montana di Camerino Alessandro Gentilucci - aver dato il contributo del 110 per cento per il miglioramento delle case agibili e non concederlo a chi da sei anni vive in strutture d’emergenza. Al netto della proroga, che giustamente viene proposta, non ci sono le condizioni per i cittadini di ricostruire». È forte la denuncia di Gentilucci. «Il contributo per la ricostruzione che prevede 1.450 euro al metro quadro, di cui il 20 per cento da destinare ai tecnici, è irrisorio per abbattere e ricostruire una struttura in questo momento storico.

Ci sono i cantieri fermi perché non ci sono le condizioni per riuscire ad andare avanti. La ricostruzione ha bisogno di un cambio di passo se vogliamo chiamarla ricostruzione, perché oggi è ancora emergenza».

La soluzione per questo cambiamento, secondo Gentilucci, è quello di sbloccare ai cittadini i crediti delle banche. «Non voglio credere che il superbonus sia stato fatto per prenderli in giro».

Una proroga ritenuta indispensabile quindi, ma che poco incide in un sistema in cui i cittadini fanno comunque fatica a ricostruire, anche per via delle ditte che si trovano in difficoltà per la mancanza di liquidità dopo aver intrapreso alcuni cantieri con il 110 per cento. «Siamo con l’acqua alla gola - commenta Ndricim Popa, imprenditore edile e presidente di Cna Costruzioni -. Quando i cantieri del sisma si erano fermati in attesa dell’adeguamento del prezziario, molti di noi hanno accettato alcuni lavori con il 110 per cento e ora ci troviamo ad aver anticipato dei soldi che non rientrano. A questo si aggiungono i lavori del sisma che, senza i contributi del superbonus, in molti casi si bloccano. Così ci sentiamo abbandonati: o andiamo verso il fallimento o vendiamo i crediti alle società che però non ci concedono l’intero contributo, ma una percentuale minore, mettendoci anche in cattiva luce con i clienti».

Manca la liquidità: così vanno avanti solo le imprese che possono anticipare i costi dei materiali e del lavoro. «I fornitori non possono continuare a farci credito per sempre. I cantieri iniziano a rallentare; le ditte a licenziare e tra poco a chiudere. E non possiamo nemmeno permetterci di tenere i dipendenti in cassa integrazione in attesa che la situazione si sblocchi, poiché sarebbero subito assorbiti dalle imprese più forti e quelle piccole resterebbero senza manodopera». La soluzione secondo Popa è una sola: dare liquidità alle imprese. E in questo vortice, dal quale nessuno sembra uscire indenne, ci sono i tecnici che da tempo si appellano alla struttura commissariale per snellire le procedure. 

L’Ordine degli Architetti di Macerata ha addirittura fatto ricorso al Tar in merito al decreto 329 del commissario Giovanni Legnini poiché viene ritenuto «illegittimo non prevedere - secondo il presidente Vittorio Lanciani - l’aumento della parcella dei tecnici rapportato a quello del prezziario. Chi lavora deve essere pagato con un equo compenso». In merito alla proroga della presentazione dei progetti, la posizione di Lanciani è chiara: «Si va sempre dietro a queste scadenze perché siamo ancora in stato di emergenza, ma queste sono più legate alle problematiche giuridiche che alla realtà dei fatti. Per un progetto di un danno grave ci vogliono dai 180 ai 700 giorni: cosa si può fare quindi con due mesi in più?».

Il presidente dell’Ordine conferma poi anche l’emergenza legata al superbonus. «Era nato anche come misura per coprire l’accollo e quindi deve essere erogato quando, al termine dei lavori, l’Usr chiede la liquidazione finale. Ma se il superbonus è bloccato non si possono chiudere i lavori: senza l’abitabilità, dopo un certo limite di tempo, il proprietario dell’abitazione dovrà restituire allo Stato il contributo ottenuto per la ricostruzione». È per sbloccare una situazione che rischia di aggiungere gravi difficoltà a chi attende da anni di riavere la propria abitazione, che l’Ordine degli architetti pone una richiesta precisa alla politica: «Per la copertura dell’accollo bisogna alzare il contributo ammissibile. Serve una finanziaria che finanzi il credito di imposta alle banche. Il committente non può trovarsi con i lavori bloccati e l’impossibilità di pagare l’accollo».

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