Rapinatore rintracciato e arrestato dalla polizia: si nascondeva nell'abitazione di un amico

La questura di Macerata
La questura di Macerata
di Benedetta Lombo
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Lunedì 8 Novembre 2021, 09:00

MACERATA - Ricercato dalla polizia, rintracciato in casa di un amico. È finito in carcere a Fermo un rapinatore pugliese di 33 anni: il giovane, originario di San Severo e residente a Figline e Incisa Valdarno, in provincia di Firenze, ma di fatto senza fissa dimora, era ricercato dopo che il magistrato di sorveglianza di Siena, il 3 novembre scorso, aveva disposto la sospensione della misura dell’affidamento in prova (che gli era stata concessa in precedenza) ripristinando la carcerazione. 

 
Gli agenti della Squadra mobile di Macerata, guidata dal commissario capo Matteo Luconi, lo hanno sorpreso all’interno dell’abitazione di un amico dove aveva trovato riparo da qualche tempo. Il 33enne non ha opposto resistenza al momento dell’arresto e dopo le formalità di rito è stato condotto alla casa di reclusione di Fermo. Per gli investigatori il 33enne è un soggetto violento e dedito al consumo sfrenato di sostanze stupefacenti, che si procacciava denaro compiendo furti e rapine. Per i poliziotti maceratesi il pugliese non era un volto nuovo, da qualche anno era conosciuto dalla questura di Macerata, gli agenti della Mobile, infatti, lo arrestarono a fine 2016 dopo una rapina compiuta in casa di un’anziana nel capoluogo il pomeriggio di San Silvestro di quell’anno. All’epoca il giovane aveva 28 anni, quel pomeriggio si era introdotto in un appartamento in via Roma, nel quartiere Collevario, dove vivevano una 76enne e suo marito malato e non autosufficiente. Erano le 15.30 quando l’anziana si accorse della presenza di un estraneo in casa, si diresse verso la stanza dalla quale aveva sentito provenire dei rumori e quando i due si trovarono faccia a faccia lui la minacciò con un coltello ma lei, nonostante l’arma puntata contro, cercò di bloccarlo. Riuscì anche a sfilargli il cappuccio ma il 28enne reagì colpendola a calci e pugni per poi fuggire con il bottino: due paia di orecchini, delle collane e un anello con brillanti appartenenti all’anziana e alla figlia. Gli agenti della Mobile riuscirono a risalire in breve all’identità dell’autore di quella violenta rapina e il pugliese quattro giorni dopo finì agli arresti domiciliari. 
Accusato di rapina aggravata, lesioni e violazione di domicilio, davanti al giudice per le indagini preliminari Giovanni Maria Manzoni il 28enne si difese dicendo di aver colpito l’anziana perché gli aveva tirato giù il cappuccio e «non volevo che mi vedesse in faccia», aveva detto per poi aggiungere di aver compiuto la rapina perché aveva bisogno di soldi trovandosi dal mese precedente senza lavoro (in passato avrebbe lavorato come metalmeccanico in una cooperativa) e con un bambino in tenera età.

Aveva chiesto scusa per quel gesto raccontando di aver rivenduto i monili rubati in un negozio che acquista oggetti in oro in Toscana, al suo rientro a casa, ricevendo in cambio 800 euro. Era il 3 gennaio 2017, sei mesi dopo il pugliese fu giudicato con rito abbreviato e fu condannato dal Gup Maria Annunziata Nocera, a sei anni di reclusione. Successivamente nei suoi confronti fu disposta la misura dell’affidamento in prova poi revocata dal magistrato di Sorveglianza di Siena che ha ripristinato la misura carceraria. Il 33enne ora si trova nel carcere di Fermo.

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