Omicidio Rosina, una detenuta: «Arianna mi disse: ti faccio fare la fine di mia mamma»

Omicidio Rosina, una detenuta: «Arianna mi disse: ti faccio fare la fine di mia mamma»
​Omicidio Rosina, una detenuta: «Arianna mi disse: ti faccio fare la fine di mia mamma»
di Benedetta Lombo
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Venerdì 1 Luglio 2022, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 04:37

MACERATA  - «Enrico? Della morte della moglie non ha mai parlato, all’inizio avevo chiesto qualcosa poi ho smesso, non volevo sapere più niente. O piangeva o non parlava, muto. Invece Arianna e il figlio hanno continuato a sostenere la loro versione (rapina). Dubbi? Non ne ho mai avuti altrimenti non li avrei ospitati a casa».  Così Monica Piombetti, la cognata di Arianna Orazi, ieri ha testimoniato nell’ambito del processo in corte di Assise per l’omicidio di Rosina Carsetti (in cui sono imputati Arianna, il padre Enrico e il figlio Enea Simonetti). Per il legame di parentela con Arianna avrebbe potuto non rispondere alle domande (solo relativamente alla posizione della cognata), ma lei ha deciso di non avvalersi di quella facoltà: «non ho niente da nascondere, rispondo a tutto». 

I testimoni al processo

La donna, moglie del fratello dell’imputata, ha raccontato di rapporti «abbastanza tranquilli in casa, Rosina e Arianna tendenzialmente erano andate sempre d’accordo», ma i suoi ricordi erano datati nel tempo. «Erano anni che non andavamo più a casa loro.

Nel 2012 mio marito ha avuto un’opportunità di lavoro ed è andato via dall’azienda di famiglia – ha raccontato Piombetti –. Rosi non l’ha presa granché bene, lo ha riempito di insulti, gli ha detto che era un ingrato, “Se te ne vai per me sei morto”. Un giorno passai da lei per cercare di ricucire lo strappo ma Rosi mi rispose “Quando dico una cosa è quella, per me è finita”, e ha tagliato i rapporti con noi, non ci fu verso, andai via piangendo, poi ci siamo sentiti a Natale e alle feste comandate. L’ultimo anno non ci siamo praticamente visti mai». «Di screzi grossi che mi abbiano allarmato non ho saputo – ha aggiunto Piombetti –, ma ci sentivamo davvero poco. Della chiamata ai carabinieri ce la raccontò Arianna, Rosina non ci disse nulla, ne parlò con mio marito al telefono». In merito a quello che è successo il 24 dicembre (l’omicidio di Rosina), «Ho chiesto ad Arianna come mai non ci avessero chiamato subito, ma lei ha detto che prima per lo choc non ci aveva pensato e poi verso le 21 i carabinieri avevano preso i telefonini. Io credevo alla versione di Arianna sennò non li avremmo fatti venire a casa, abbiamo vissuto l’inferno. Madre e figlio erano sempre molto attaccati, avevano comportamenti simbiotici».

Sentite due ex detenute

In aula sono state sentite anche due ex compagne di cella (in tempi diversi) di Arianna al carcere di Pesaro, entrambe avevano chiesto di essere trasferite. Loredana Cozzolino, napoletana, ha detto che Arianna le avrebbe detto che era stato il padre Enrico a uccidere la moglie. Questo prima che i rapporti tra le due si incrinassero: «Una volta discutemmo per la pulizia del bagno e lei mi minacciò dicendo “Ti faccio fare la fine di mia mamma”, mi impressionò. Una volta mi puntò un coltellino di plastica, e disse “Se fosse vero questo coltello te lo ficcherei”. Un giorno mi ha stretto le mani alla gola. Lei era giocherellona, ma io mi sono impressionata. Chiesi di essere spostata perché temevo per la mia incolumità». Emanuela Baldassini, altra ex compagna di cella, scrisse due lettere dal carcere, voleva raccontare quello che sapeva: «Aveva tentato di far uscire una lettera dal carcere tramite una detenuta. Era contenta che il figlio stesse in carcere, è gelosa marcia di questo ragazzo. Faceva battute sull’omicidio, diceva che l’avrebbe fatto altre 10 volte. È diabolica, a volte diceva che era stata lei, poi rideva e diceva che non era vero. Una volta al telefono con il figlio sembrava impazzita, iniziò a urlargli che doveva fare quello che diceva lei o lo avrebbe abbandonato lì. Un giorno mi disse che per tutto questo casino se la madre fosse stata qui le avrebbe dato anche un calcio e diceva che la verità deve venire fuori con le indagini, se sono bravi a farle».

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