MACERATA - «Enrico? Della morte della moglie non ha mai parlato, all’inizio avevo chiesto qualcosa poi ho smesso, non volevo sapere più niente. O piangeva o non parlava, muto. Invece Arianna e il figlio hanno continuato a sostenere la loro versione (rapina). Dubbi? Non ne ho mai avuti altrimenti non li avrei ospitati a casa». Così Monica Piombetti, la cognata di Arianna Orazi, ieri ha testimoniato nell’ambito del processo in corte di Assise per l’omicidio di Rosina Carsetti (in cui sono imputati Arianna, il padre Enrico e il figlio Enea Simonetti). Per il legame di parentela con Arianna avrebbe potuto non rispondere alle domande (solo relativamente alla posizione della cognata), ma lei ha deciso di non avvalersi di quella facoltà: «non ho niente da nascondere, rispondo a tutto».
I testimoni al processo
La donna, moglie del fratello dell’imputata, ha raccontato di rapporti «abbastanza tranquilli in casa, Rosina e Arianna tendenzialmente erano andate sempre d’accordo», ma i suoi ricordi erano datati nel tempo. «Erano anni che non andavamo più a casa loro.
Sentite due ex detenute
In aula sono state sentite anche due ex compagne di cella (in tempi diversi) di Arianna al carcere di Pesaro, entrambe avevano chiesto di essere trasferite. Loredana Cozzolino, napoletana, ha detto che Arianna le avrebbe detto che era stato il padre Enrico a uccidere la moglie. Questo prima che i rapporti tra le due si incrinassero: «Una volta discutemmo per la pulizia del bagno e lei mi minacciò dicendo “Ti faccio fare la fine di mia mamma”, mi impressionò. Una volta mi puntò un coltellino di plastica, e disse “Se fosse vero questo coltello te lo ficcherei”. Un giorno mi ha stretto le mani alla gola. Lei era giocherellona, ma io mi sono impressionata. Chiesi di essere spostata perché temevo per la mia incolumità». Emanuela Baldassini, altra ex compagna di cella, scrisse due lettere dal carcere, voleva raccontare quello che sapeva: «Aveva tentato di far uscire una lettera dal carcere tramite una detenuta. Era contenta che il figlio stesse in carcere, è gelosa marcia di questo ragazzo. Faceva battute sull’omicidio, diceva che l’avrebbe fatto altre 10 volte. È diabolica, a volte diceva che era stata lei, poi rideva e diceva che non era vero. Una volta al telefono con il figlio sembrava impazzita, iniziò a urlargli che doveva fare quello che diceva lei o lo avrebbe abbandonato lì. Un giorno mi disse che per tutto questo casino se la madre fosse stata qui le avrebbe dato anche un calcio e diceva che la verità deve venire fuori con le indagini, se sono bravi a farle».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Utilità Contattaci
Logout