Lettera d’amore tra due partigiani, Achille a Dita: «Muoio per la Patria», svelata l'identità della donna di Barilatti

Foto della lettera riprodotta a macchina concessa dall'Archivio dell'Istituto nazionale Ferruccio Parri, Fondo Malvezzi Piero Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e europea
Foto della lettera riprodotta a macchina concessa dall'Archivio dell'Istituto nazionale Ferruccio Parri, Fondo Malvezzi Piero Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e europea
di Giulia Sancricca
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Martedì 25 Aprile 2023, 01:30 - Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 07:15

MACERATA Fu sicuramente tra gli ultimi pensieri di Achille Barilatti. Per 79 anni è stata solo Dita di Atene, colei che avrebbe dovuto riferire alla mamma del comandante dei partigiani di Montalto le ultime ore del figlio, ucciso dai tedeschi a 22 anni. Ma grazie a una ricerca di Annalisa Cegna, direttrice dell’Istituto storico di Macerata, quella donna oggi ha un nome e una storia. Afrodite Marasli, di Costantinopoli, dove nacque nel 1916.



Così le ultime lettere scritte da Barilatti assumono altre sfumature nella drammatica fine del giovane che cadde fucilato contro il muro di cinta del cimitero di Muccia al grido «Viva l’Italia!». La sua morte in cambio della salvezza di cinque dei suoi uomini, dopo che ventisei vennero uccisi sulle montagne di Cessapalombo sotto i suoi occhi. I Martiri di Montalto. Le sue lettere incrociano oggi la strada del fascicolo custodito nell’Archivio di Stato di Macerata e recuperato da Cegna, dove è scritta parte della storia di Afrodite. Un’intuizione la sua, arrivata nel corso di uno studio sui campi di concentramento nel Maceratese. «Ho pensato che Dita, su cui nessuno ha mai svolto approfondimenti, potesse essere una delle donne internate nei campi della provincia e poi, dopo l’Armistizio, arrivata fino a Montalto». 

Un’ipotesi che le ha dato ragione.

E anche se di questa storia restano ancora molti vuoti da riempire, oggi Dita è molto di più della donna amata da Achille Barilatti. «Afrodite venne catturata ad Atene dall’esercito italiano e portata prima a Roma, poi nel campo di concentramento di Pollenza a luglio del 1943 - dice Cegna -. Dopo l’’8 settembre viene liberata e da quel giorno perdiamo le sue tracce, fino a ritrovarla accanto ad Achille la sera in cui viene catturato».

Impossibile sapere come i due si siano conosciuti e innamorati. Si può solo dare spazio all’immaginazione. Soprattutto sui luoghi e sui tempi del loro incontro, perché su pensieri e ideali non ci sono dubbi. È facile pensare che siano stati proprio quelli a legarli per sempre. Il sogno condiviso di un’Italia libera. Lui, nel dirle addio, le scriverà: «Muoio per la mia Patria». Ma se Afrodite era davvero a Montalto insieme al suo amato e ai partigiani, tanto da poter raccontare quelle terribili ore, come mai è stata risparmiata durante il rastrellamento? «È probabile che l’abbiano lasciata andare. Non credo che sia sfuggita alla cattura».

È questa l’ipotesi più plausibile, tanto che alcune fonti sostengono che i due amati si siano incontrati prima della fucilazione di lui e che sia stato Achille stesso a consegnarle due lettere: una per lei e una per sua madre. Achille muore sapendo che la sua amata è salva. Una goccia di consolazione nel mare della disperazione che Afrodite deve aver attraversato. E da quel mare di dolore non si sa, poi, se abbia navigato verso la sua terra natìa. Per tornare ad Atene, dove il suo nome parla di bellezza e di amore e dove avrebbe potuto ritrovare alcuni parenti. All’immaginazione allora si aggiunge una speranza: che la sua vita sia stata più lunga di quella di Achille e quanto vissuto sulle montagne del Maceratese abbia trovato spazio nei suoi racconti, per non dimenticare.

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