Il delitto di Cameyi, si ferma subito il processo. Lo sfogo del fratello: «Solo un’altra delusione»

Uno dei fratelli e la mamma di Cameyi
Uno dei fratelli e la mamma di Cameyi
di Benedetta Lombo
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Venerdì 8 Aprile 2022, 06:50

MACERATA  - Un atto è nullo, il processo retrocede alla fase dell’udienza preliminare. Lo sfogo di Jisan Moshammet, fratello 20enne di Cameyi: «Per noi è una delusione, non abbiamo più speranza di avere giustizia». Si è aperto e chiuso nel giro di un’ora, ieri, il processo in Corte d’Assise a Macerata a carico di Monir Kazi, il bengalese 32enne accusato di aver ucciso l’ex fidanzatina 15enne Cameyi, che all’epoca viveva ad Ancona, a maggio del 2010, i cui resti vennero trovati a 8 anni dalla scomparsa vicino all’Hotel House


Ieri mattina la Corte – presieduta dal giudice Andrea Belli, a latere Daniela Bellesi – ha ammesso le costituzioni di parte civile dei familiari (la mamma Fatema Begum, e i fratelli Jisan, Asik e Sajid tutti presenti in aula) con l’avvocato Luca Sartini e dell’associazione Penelope Marche con l’avvocato Marco Vannini, poi però un’eccezione sollevata dal difensore, Marco Zallocco, ha comportato la decisione di trasmette gli atti all’Ufficio del Gip per fissare una nuova udienza preliminare. 


La questione posta all’attenzione della Corte dal difensore d’ufficio dell’imputato riguardava la circostanza che il suo assistito non sarebbe a conoscenza del procedimento a suo carico, «Ne abbiamo la assoluta certezza – ha puntualizzato – dal momento che l’avvocato Roberto Marini di Ancona, presso il quale Kazi aveva eletto domicilio all’epoca (2010), non era più riuscito a contattarlo e tutte le notifiche sono state inviate al collega di Ancona che poi mi ha gentilmente girato».

All’esito della camera di consiglio nel corso della quale i giudici hanno visionato gli atti prodotti dal pubblico ministero Rosanna Buccini, la Corte ha accertato che in realtà l’imputato era a conoscenza del procedimento in corso a suo carico, nel 2019 infatti, aveva ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini attraverso l’ambasciata italiana in Bangladesh. Il problema, formale, invece è sorto dopo quella notifica. Il giovane aveva 30 giorni per nominare un nuovo avvocato presso il quale eleggere domicilio in Italia, non lo ha fatto, e da quel momento le notifiche di tutti gli atti sono stati inviati non al suo avvocato d’ufficio Zallocco, ma al suo precedente avvocato di Ancona, il legale Marini che nel frattempo aveva rinunciato al mandato.

Per questo motivo la Corte ha dichiarato nullo l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e ha disposto la restituzione degli atti all’Ufficio del Gip per una nuova fissazione dell’udienza preliminare. All’uscita dal Palazzo di giustizia Jisan, uno dei fratelli di Cameyi si è sfogato: «Per noi è una delusione, perché ogni anno è così. Non abbiamo più speranza di avere giustizia, perché ogni anno rimandano, non vale più la pena. Nostra sorella era come tante ragazzine di quella età, le piaceva giocare a calcio, voleva continuare a studiare, ma non ha potuto seguire i sui sogni. Il giorno della sua scomparsa pensavamo che fosse con le amiche, era capitato che tornasse tardi dopo essere uscita con le amiche, ma il giorno dopo ci siamo preoccupati. Dopo 3-4 anni abbiamo capito che non ci sarebbe stata più speranza. È stato meglio sapere che non c’era più che non saperlo per niente. Secondo noi bisognava indagare di più quando mia sorella è scomparsa. Se all’inizio avessero fatto meglio le indagini si sarebbe scoperto prima quello che era successo. Non dovevano permettere che scappasse. Ormai non ci speriamo più, non c’è più nulla da fare». A margine dell’udienza il legale Luca Sartini ha invece commentato: «Speriamo che finite queste formalità si inizi finalmente il vero processo. Ci presenteremo qui, probabilmente sarà un processo in contumacia ma speriamo che alla fine, dopo anni, venga fatta giustizia».

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