MACERATA - E’ andata un pochettino per le lunghe ma alla fine la sentenza comunque, prima o poi arriva. La questione oggetto di un ricorso al giudice del lavoro nasce tra la camera operatoria e un reparto dell’ospedale di Macerata: secondo la denunciante, un’infermiera in servizio nel nosocomio del capoluogo maceratese, il primario la faceva oggetto di vessazioni ed umiliazioni sia di fronte ai colleghi che di fronte ai pazienti. Si parla di qualche “vaffa” ed altro di troppo.
La donna appunto decide di chiamare in causa il datore di lavoro, l’Asur, e ricorrere al giudice del lavoro del Tribunale di Macerata chiedendo il risarcimento dei danni subiti per l’azione del primario, ventimila euro. L’infermiera appunto lamentava il fatto di essersi più volte rivolta alla direzione aziendale per far interrompere la situazione denunciata senza mai ottenere una risposta o comunque la soluzione del caso, visto il silenzio ufficiale, alla fine la dipendente dell’Av3 si era rivolta al giudice. Correva l’anno 2008: la sentenza di primo grado arriva nel 2015 ed è di rigetto della richiesta avanzata dall’infermiera, il giudice dispone anche la compensazione delle spese legali tra le parti.
L’infermiera fa appello e siamo arrivati al 2018, il giudice di Appello del Tribunale di Ancona riforma la sentenza di primo grado ed accoglie parzialmente il ricorso dell’infermiera vessata dal primario: le riconosce diecimila euro per i danni e cinquemila euro circa di spese legali, poi - e siamo ai giorni nostri - arriva la liquidazione del compenso professionale dell’avvocato di parte Asur e sono altri cinquemila euro.