Titolare e un operaio imputati per il maxi incendio alla Orim. Il Comune si costituisce parte civile

Il maxi incendio
Il maxi incendio
di Benedetta Lombo
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Giovedì 21 Gennaio 2021, 06:55

MACERATA - Incendio alla Orim, udienza preliminare per l’amministratore unico, un dipendente e la ditta (quest’ultima per l’illecito amministrativo conseguente dal reato). Il Comune di Macerata si è costituito parte civile con l’avvocato Nicola Piccinini e l’udienza è slittata al prossimo 10 febbraio.

È finito ieri all’attenzione del gup Claudio Bonifazi e del pm Margherita Brunelli il procedimento a carico di Alfredo Mancini, di 75 anni, amministratore unico della Orim (difeso dall’avvocato Paolo Giustozzi), del dipendente Gianluca Gazzani, 32 anni di Potenza Picena (avvocato Donatello Prete), e della Ditta Orim spa (avvocato Nicola Perfetti). 
In totale sono otto i capi d’imputazione contestati a vario titolo, dall’incendio colposo all’omissione dell’adozione di misure di prevenzione incendi, dalla falsità ideologica commessa dal privato all’inquinamento ambientale. L’incendio si sviluppò il 6 luglio del 2018 all’interno dell’impianto di Piediripa dove vengono gestiti rifiuti pericolosi e non. Per spegnere quel rogo, con fiamme alte non meno di 50 metri, fu necessario il lavoro di 55 vigili del fuoco intervenuti anche da altre province con 20 automezzi. Per la Procura – il fascicolo è del procuratore capo Giovanni Giorgio e del sostituto Rosanna Buccini – nelle zone c1 e c2 dello stabilimento (quelle interessate dalle fiamme), erano presenti sostanze pericolose e infiammabili in quantità di molto superiori a quelle dichiarate e autorizzate e nello stabilimento sarebbero state trovate delle difformità che avrebbero aggravato l’estensione e la potenza del rogo. Non solo. L’impianto idrico-anticendio al momento dell’apertura era risultato non utilizzabile per la caduta di pressione dell’acqua e la squadra antincendio aziendale aveva cercato di spegnere il rogo di liquidi infiammabili con l’acqua degli idranti e non gli estintori agevolando così la propagazione delle fiamme.

La Procura ha quindi contestato a Mancini gravi carenze gestionali, oltre al mancato aggiornamento del rapporto di sicurezza che avrebbe comportato una procedura di riesame della Valutazione di impatto ambientale, la mancata redazione del documento di politica di prevenzione degli incendi rilevanti, la mancata adozione di misure di prevenzione incendi e la falsità ideologica perché nell’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio inviata ai vigili del fuoco aveva attestato falsamente l’assenza di variazioni rispetto al certificato di prevenzione incendi del 2012.

Anche il dipendente è accusato di incendio colposo per aver provocato il rogo sbattendo in retromarcia con un muletto contro un bancale su cui c’erano dei fusti con liquido infiammabile messi in modo sporgente e caduti da quattro metri di altezza. Sia Mancini sia Gazzani sono accusati di inquinamento ambientale: a causa di un’inadeguata pavimentazione dell’azienda, già prima dell’incendio, si sarebbero verificate infiltrazioni nel sottosuolo provocando la contaminazione della falda sottostante, mentre per le acque superficiali, il rogo avrebbe messo fuori uso il depuratore comunale producendo scarichi di rifiuti liquidi nel fiume Chienti per un tratto di 600 metri per tre mesi. L’avvocato Giustozzi ha sollevato eccezioni sull’inutilizzabilità di alcuni atti di indagine, il collega Prete ha chiesto un patteggiamento parziale per il dipendente.

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