Da Kiev a Macerata, l'angoscia di don Ihor: «Che follia, la mia famiglia nella città in mano ai russi»

Da Kiev a Macerata, l'angoscia di don Ihor: «Che follia, la mia famiglia nella città in mano ai russi»
Da Kiev a Macerata, l'angoscia di don Ihor: «Che follia, la mia famiglia nella città in mano ai russi»
di Lorenzo Cervigni
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Giovedì 3 Marzo 2022, 10:11 - Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 08:30

MACERATA - Un filo che lega Macerata a Kiev. A tesserlo don Ihor Olkhovskyi, sacerdote ucraino che a Macerata regge la parrocchia di San Giorgio. C’è lui dietro ai contatti nati tra la Caritas maceratese e quella della capitale ucraina per gli aiuti umanitari. Don Ihor è arrivato in Italia alla fine del 2013 per i suoi studi, pochi mesi prima dell’annessione della Crimea da parte della Russia. La guerra è un dramma che conosce e che sta vivendo in prima persona: la sua città di origine si trova vicino al confine (per motivi di sicurezza ha chiesto di non rivelarla, ndr) ed è stata tra le prime, nei giorni scorsi, a essere conquistate dall’esercito russo in marcia verso le metropoli ucraine. 

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La famiglia

Là vive la sua famiglia, ma «riunirsi ora sarebbe impossibile – racconta –.

Vorrei tornare a casa, o almeno che la mia famiglia potesse raggiungermi, ma in questo momento la situazione non lo permette: la mia città è in mano ai russi e ci sono i combattimenti. Quello che sta accadendo è una follia. L’esercito russo spara sulla nostra gente, uccide il nostro popolo, le nostre famiglie. È una guerra vera, non un’operazione strategica come l’ha descritta Putin: stanno colpendo chiunque trovino sulla loro strada». Grazie ai social network, don Ihor è in contatto con i suoi familiari. Al confine con la Crimea vive sua madre, che lo tiene aggiornato su quello che sta succedendo. 

I combattimenti

«Da casa mi hanno detto che i russi hanno preso la città in pochissimo tempo – dice –. Abitavo in un piccolo centro, con poche forze dell’ordine e difese scarse. Ci è voluto un attimo a conquistarlo. Prima di andarsene i militari hanno scassinato i bancomat e fatto razzia. I miei familiari sono spaventati e cercano di uscire di casa il meno possibile: possono solo nascondersi in qualche posto sicuro, per quanto sia possibile. Nei giorni scorsi però sono scesi in piazza: hanno protestato pacificamente, disarmati, per dire a tutti che quella è la nostra terra, che l’Ucraina è un paese libero». 

Gli aiuti

Lontano da casa, don Ihor ha comunque trovato il modo di aiutare il suo paese. In questi giorni si è intensificato il rapporto tra la diocesi di Macerata e quella di Kiev. «Ho contattato il vescovo di Kiev – dice –, cercando di creare un legame tra le due diocesi. Dall’Ucraina ci è stato messo a disposizione un conto su cui poter versare le donazioni che riusciremo a raccogliere. Ora stiamo lavorando insieme alla Caritas per aiutare il più possibile le famiglie in difficoltà che non possono scappare: la maggior parte delle opere di carità andranno a supporto delle persone che ora si stanno ammassando sui confini con gli stati dell’Unione europea. La mia gente ha bisogno di aiuto: in questo momento il denaro è l’unica cosa che può arrivare in Ucraina in tempi rapidi e che permette di far avere agli sfollati i beni di prima necessità di cui hanno bisogno. Inviare altro in questo momento sarebbe inutile – spiega –: purtroppo la logistica è molto complicata e ci sarebbero dei ritardi nelle consegne. Tutta la comunità maceratese ha mostrato grande comprensione ed empatia per il mio popolo, tutti si sono messi a disposizione per questa causa».

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