Macerata, fiume di droga per i ragazzini
e c'è chi si prostituisce per pagarla

Macerata, fiume di droga per i ragazzini e c'è chi si prostituisce per pagarla
di Benedetta Lombo
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Venerdì 6 Settembre 2019, 10:03 - Ultimo aggiornamento: 10:56

MACERATA Regolari in Italia ma senza lavoro, dal 2013 avrebbero messo su più di 80.000 euro esentasse grazie allo spaccio di chili di droga. Per le ragazze, quelle che non riuscivano a pagare la dose, l’oggetto di scambio diventava il proprio corpo, per i ragazzi, invece, la via era quella di rubare piccoli gioielli in oro dei genitori o delle nonne, portarli al compro oro e con i soldi ottenuti recarsi sul luogo dello scambio. Tutti gli acquirenti, una trentacinquina – tutti consumatori fidelizzati – erano giovani e giovanissimi, di cui tre minorenni. 

Pregiudicati nigeriani già espulsi sorpresi con la marijuana

I carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile di Tolentino, comandato dal tenente Giuseppe Losito, nel giro di pochi mesi hanno individuato i due spacciatori, hanno raccolto gli elementi che potessero incastrarli e alla fine hanno ottenuto il loro arresto. Si tratta di due marocchini di 23 e 25 anni, già noti alle forze dell’ordine, e residenti a Macerata.
 
Vivevano in appartamenti diversi in due zone diverse del capoluogo, ma a unirli, oltre alle origini, è stato lo spiccato interesse a cedere marijuana e hashish a ragazzi e ragazzini. «Per anni hanno venduto chili di droga a studenti universitari e minorenni della provincia – ha spiegato ieri il capitano Giovanni De Carlini al vertice della Compagnia di Tolentino –, approfittando del fatto di essere anche loro giovani». Ma la loro proficua attività è stata interrotta dal coraggio di una coppia di genitori di Tolentino che si è rivolta ai carabinieri per segnalare comportamenti strani del proprio figlio. Era marzo scorso. Dopo qualche settimana si sarebbe aperto il vaso di Pandora. I militari del Norm hanno iniziato ad indagare, hanno registrato nomi, movimenti, incontri e quanto potesse essere più che un semplice sospetto. Con il coordinamento del pubblico ministero Claudio Rastrelli hanno approfondito i controlli seguendo le tracce lasciate dai pusher, sono stati eseguiti accertamenti sulle movimentazioni di denaro dei due marocchini: entrambi senza lavoro erano infatti capaci di mandare puntualmente soldi ai propri parenti rimasti in Marocco. Soldi che gli acquirenti non sempre avevano, ma che riuscivano a procurarsi con piccoli furti commessi dentro le proprie abitazioni. Acquistavano marijuana e hashish per lo più, e il costo delle dosi era abbastanza contenuto, bastava un braccialetto o una collanina, di un genitore o della nonna, che portato in negozi di compravendita di oro e preziosi diventavano banconote pronte per essere consegnate ai pusher. I carabinieri sono andati anche lì, in questi negozi, hanno visionato gli elenchi dei clienti e hanno scoperto che alcuni ragazzi frequentavano più quei negozi che le biblioteche universitarie o le vie cittadine per il classico “struscio”. In questi casi i nomi erano per lo più maschili. Ed è emerso che alcune ragazze barattavano invece con il proprio corpo la dose di marijuana o hashish. «Alcune cessioni venivano pagate con prestazioni sessuali – ha riferito il tenente Losito –, una circostanza comune nel mondo della droga. Spesso questo avveniva anche con il consenso del compagno della ragazza». 

I racconti 
È stato proprio sentendo i racconti dei 35 clienti fidelizzati che i carabinieri hanno ricostruito l’importante giro di spaccio messo su dai due «specialisti di base» (così li hanno definiti i militari), ovvero dai pusher che pur operando nel piccolo spaccio erano ben organizzati: hanno costruito una filiera di clienti che andavano dai minori fino allo studente universitario, in altre parole li prendevano da piccoli e li “crescevano”. Per gli inquirenti, dal 2013 i due marocchini avrebbero venduto fino a pochi mesi fa oltre 10 chili di marijuana, 2,5 chili di hashish e alcune dosi di cocaina, un quantitativo ritenuto parziale perché i clienti sarebbero stati molti di più ma, per così dire, meno abituali. Le cessioni avvenivano a casa dei due pusher, o per strada, ai giardini, alle fermate degli autobus sia a Macerata sia a Tolentino. Ovunque, tutto avveniva per lo più con il passaparola. Così il gip Domenico Potetti, su richiesta del sostituto procuratore Rastrelli, ha emesso un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari che è stata eseguita mercoledì scorso dai carabinieri di Tolentino. I due spacciatori sono difesi dagli avvocati Cristiano Elisei e Stefano Nascimbeni. A breve verrà fissato l’interrogatorio di garanzia nei confronti dei marocchini che in quel contesto potranno spiegare le proprie condotte o avvalersi della facoltà di non rispondere.

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