MACERATA C’era il sentore che il ricorso a 300 espropri, pur se per particelle di dimensioni minime, per la realizzazione di cinque percorsi ciclabili - i tracciati sono quelli del fiume Potenza, fosso Ricci Collevario, fosso Trodica e fiume Chienti - potesse suscitare polemiche, così in effetti sembra essere, almeno a giudicare dalle prime reazioni.
L’ingegnere maceratese Roberto Calcagni, uno degli interessati alla procedura, evidenzia una lunga serie di problemi legati alla realizzazione di 40 chilometri di ciclovia.
Si prosegue entrando nel merito: «Il progetto - osserva l’ingegnere maceratese - prevede solo in minima parte il riutilizzo di percorsi esistenti, per il resto sono tutti nuovi tracciati che si sviluppano per giunta in adiacenza a corsi d’acqua. Ora addirittura si chiede il sacrificio di ecosistemi fragili e delicati come gli alvei dei corsi d’acqua che vengono invasi per tutta la loro lunghezza, interrompendo i necessari “corridoi di biodiversità” per aprire dorsali di transito umano che pregiudicheranno irreversibilmente il paesaggio e la natura che lo abita».
La proposta alternativa: «La pista ciclabile può rappresentare un’ottima iniziativa quando il tracciato viene disegnato nel rispetto dell’ambiente, cercando di riutilizzare vecchi percorsi in disuso e stradine interpoderali esistenti che necessitavano anche di manutenzione altrimenti impraticabili per l’alto costo». Il danno che si verrebbe a creare: «Se all’interno degli ultimi spazi ancora preservati e bucolici viene aperta una “autostrada pedonale” si crea una lacerazione ambientale irreversibile che porta tanti rumorosi ciclisti della domenica cosiddetti green a distruggere quanto di buono la natura paziente e gli operai della terra sono riusciti a creare nei secoli».
Domanda retorica: «Sarebbe importante capire anche se l’amministrazione ha avuto la necessaria lungimiranza di mettere in previsione nei bilanci i futuri costi di manutenzione annuali». Cosa verrebbe a modificare la realizzazione della ciclabile? «La pista ciclabile, essendo una sovrastruttura che emerge per circa 20-30 centimetri rispetto il naturale andamento del terreno, crea una barriera al normale deflusso delle acque verso il fosso, causando a monte ristagni di acqua e fango con danneggiamento anche delle colture in atto».
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