MACERATA - Malato di epatite C, aveva negato la malattia alla compagna e l’aveva contagiata. È stato condannato a due anni di reclusione un 63enne che vive in un comune della provincia. La Procura aveva chiesto quattro anni per lesioni gravissime, il giudice ha derubricato in lesioni gravi. I fatti risalgono a fine 2019 quando l’imputato, un piccolo imprenditore, e la vittima si erano conosciuti e avevano iniziato a frequentarsi.
Quando la relazione si fece più intima, lei gli chiese di avere rapporti protetti, in alternativa lui avrebbe dovuto fare delle analisi del sangue.
Dalle analisi del compagno erano risultati valori molto alti, lui era asintomatico ma il suo medico curante lo aveva indirizzato al reparto di Malattie infettive. A causa della malattia la donna perse il lavoro e fu costretta a seguire una cura mirata (ad oggi deve seguire un regime alimentare molto attento). Tramite l’avvocato Renato Coltorti denunciò l’ormai ex compagno. La Procura contestò all’uomo il reato di lesioni gravissime perché pur essendo a conoscenza di essere affetto da epatite C, negando il suo stato di salute, avrebbe continuato ad avere rapporti sessuali non protetti. Ieri in aula è stato sentito il medico del 63enne che ha confermato di aver informato all’epoca l’uomo sulla contagiosità della malattia invitandolo ad astenersi assolutamente da qualsiasi rapporto non protetto.
Il pm Enrico Riccioni ha chiesto la condanna a quattro anni per lesioni gravissime, il difensore, l’avvocato Michela Splendiani, ha invece sostenuto che l’epatite è da considerare una malattia non inguaribile, una versione condivisa dal gup Claudio Bonifazi che ha derubricato il reato e condannato l’imputato a due anni e al pagamento di una provvisionale di 7.000 euro. La Procura si riserva di impugnare la sentenza.