Macerata, la mamma di Pamela si sfoga:
«Per quei nigeriani l'ergastolo è troppo poco»

Alessandra Verni con la figlia Pamela
Alessandra Verni con la figlia Pamela
di Daniel Fermanelli
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Giovedì 26 Aprile 2018, 04:25
MACERATA - «Quelli non sono umani: per loro l’ergastolo è poco». Alessandra Verni, la madre di Pamela Mastropietro, è un fiume in piena dopo gli scioccanti particolari emersi dalle intercettazioni effettuate in carcere nell’ambito delle indagini sulla morte della figlia. I nuovi elementi raccapriccianti, le parole disumane raccolte dagli investigatori rafforzano il quadro in cui l’atroce delitto è stato compiuto. E rafforzano anche le convinzioni della mamma esternate già all’indomani del ritrovamento dei resti del cadavere della ragazza.
«Tutti e tre i nigeriani sono colpevoli, ne sono convinta - dice la donna con un impeto che rivela una ferita comprensibilmente ancora sanguinante nel cuore -. Desmond in cella ha detto che Oseghale avrebbe dovuto congelare i pezzi del corpo di mia figlia e mangiarli. Come posso definire certe persone? Non sono umane, punto e basta. Nel telefonino di Awelima i carabinieri hanno trovato foto di un giovane torturato e di un altro con la lunga tagliata. Non penso ci sia da aggiungere altro. Prima ero solo io a dirlo, ora gli elementi che emergono confermano quello che ho sempre sostenuto. E finalmente tutti se ne stanno rendendo conto». 
«Spero che esca la verità su questo atroce delitto», continua Alessandra Verni. E sottolinea con decisione un aspetto. «Sul corpo di mia figlia è stato trovato un altro Dna ed è di un uomo bianco: perché non vengono effettuate indagini sulle persone che si trovano nella comunità in cui è stata ospitata mia figlia? Da quello che ho saputo le tracce di quel Dna risalgono a prima del 30 gennaio, quando Pamela si trovava nella struttura di recupero». 
Di una cosa è però convinta: «Siamo certi che Pamela sia stata uccisa con le due coltellate e che Oseghale non fosse solo. Lo so che i Ris nella casa di via Spalato non hanno trovato le tracce degli altri due arrestati, ma questo non vuol dire niente. Ma avete visto come hanno ridotto il corpo di mia figlia? Hanno usato la candeggina per far sparire tutto. Sono colpevoli, dal primo all’ultimo». Poi un altro concetto che vuole ribadire con forza: «Mia figlia quando è venuta a Macerata non era andata a cercare la droga, è andata ai giardini Diaz perché voleva prendere il bus per tornare a Roma. Il terrificante incontro Oseghale è avvenuto per caso. Pamela voleva rifarsi una vita, voleva uscire dal tunnel della dipendenza».
L’omicidio della diciottenne ha sconvolto tutta Italia. E una folla sabato 5 maggio le porterà l’ultimo saluto. I funerali si svolgeranno a Roma nella parrocchia di Ognissanti. La messa avrà inizio alle 11, mentre dalle 9,30 alle 10,30 sarà possibile dedicarle una preghiera nella cappellina dove sarà adagiato il feretro. Previsto il lutto cittadino, la salma verrà tumulata nel cimitero capitolino del Verano.
«Finalmente mia figlia potrà riposare in pace», dice commossa la mamma, che intanto aspetta ulteriori sviluppi nelle indagini a carico dei nigeriani. Ma una cosa è certa: la parola “perdono” non vuole nemmeno sentirla. «No, no, non scherziamo: perdonare certe bestie è impossibile. Per loro l’ergastolo è il minimo. Vuole sapere come mi sento a tre mesi dall’omicidio di mia figlia? Le rispondo che è impossibile vivere. Si sopravvive, in attesa di giustizia». 
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