Salvatore, 29 anni, papà, in Rianimazione per il Covid: «Non respiravo più, sono rimasto attaccato alla vita con le parole di mia figlia»

Salvatore Maroder con la compagna Veronica
Salvatore Maroder con la compagna Veronica
di Riccardo Antonelli
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Domenica 21 Marzo 2021, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 08:45

MATELICA - Qualche linea di febbre, la tosse, la fame d’aria e poi il ricovero e la decisione dei medici di intubarlo per salvargli la vita. Questo l’inferno vissuto in pochi giorni da Salvatore Maroder, giovane papà 29enne di Matelica contagiato dal Coronavirus. Che racconta così la sua drammatica esperienza con il Covid.

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A poco più di un mese di distanza da quei tragici momenti, il matelicese è riuscito a realizzare e rivivere quanto successo sulla sua pelle, una cosa inimmaginabile per lui, in buona salute e senza patologie pregresse, così come per il medico di famiglia. Salvatore, che di mestiere fa l’elettrauto e che ha due figli, una bimba di 5 e un bimbo 9 anni, insieme alla compagna Veronica, ora sta molto meglio, seppur convive ancora con qualche strascico della malattia. 
Malattia che il 29enne rivive dal principio: «È iniziato tutto il primo febbraio – racconta Salvatore – avevo la febbre a 38.3, così il giorno successivo ho deciso di andare a fare un tampone. Ho scoperto di essere positivo e da quel momento sono iniziati gli altri sintomi come perdita di olfatto e gusto, stanchezza e così via. Ho iniziato a ricevere le prime cure domiciliari, tutto sembrava andare bene, ma al settimo giorno di cura ho iniziato ad avere dei colpi di tosse, seguiti poi da mancanza d’aria. Non respiravo più e mi sentivo morire, così la mia compagna ha chiamato il 118 e dopo aver visto la saturazione scesa a 88, decidono subito di trasportarmi all’ospedale di Macerata». Il primo approccio nella struttura ospedaliera non è dei migliori: «Mi hanno messo in un container con il casco per respirare, lì ho avuto un attacco di panico – ammette Salvatore –. Mi hanno poi trasferito in malattie infettive, dove hanno riscontrato una grave polmonite bilaterale. La prima cura a cui mi hanno sottoposto è stata quella con il plasma, ma a quanto pare non era abbastanza perché poi hanno deciso di intubarmi e trasferirmi a Torrette». In quel momento Salvatore, nonostante le sofferenze, non crede di essere così grave. «Due cose non dimenticherò mai, le parole di mia figlia quando sono stato portato via in ambulanza da casa e il momento in cui a Macerata mi hanno detto che mi avrebbero addormentato – spiega il 29enne –. Mi sembrava uno scherzo, non pensavo di essere grave fino a quel punto, ma in realtà lo ero. Sono rimasto intubato per 5 giorni e ho sempre pensato alla mia famiglia. So che la mia compagna ha chiamato tantissime volte in reparto per avere notizie di me e con lei sono stati sempre gentili, per questo voglio ringraziare le dottoresse Domizi e Pace della Rianimazione di Torrette». Lì le sue condizioni finalmente migliorano e alla fine viene estubato e trasferito in un altro reparto. Nel frattempo a casa, vedendo le condizioni di Salvatore, la paura è tanta anche per la famiglia, in quanto sia la compagna che il bambino di 9 anni risultano positivi al Covid. Sempre negativa invece la bambina più piccola. Una preoccupazione in più, oltre a quella relativa alle condizioni del padre. Per la famiglia è stato un girone infernale. Fortunatamente però alla fine tutto si è concluso per il meglio. 
«Al ritorno a casa mi sono sentito rinato, un uomo libero e la cosa più bella è stato riabbracciare la mia famiglia – afferma emozionato Salvatore -.

Ad oggi posso dire che sto bene, ovviamente qualche strascico ancora me lo porto dietro. Faccio riabilitazione per poter camminare bene e ho ancora molta stanchezza. Inoltre devo continuare a fare accertamenti come tac e altri esami». Una volta fuori dall’inferno, il pensiero di Salvatore continua a tornare ai primi momenti, con una domanda che si ripete in testa: come sono stato contagiato? «Sarebbe bello scoprirlo, sono sempre stato molto attento, ho adottato tutte le dovute precauzioni in qualsiasi luogo – conclude Salvatore –. Ho vissuto un incubo che non avrei mai immaginato, una cosa talmente grave che ancora oggi fatico a credere».

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