Ostia dalle mani in bocca, la messa dei preti ribelli. Il vescovo: «Pochi casi ma inaccettabili»

Un sacerdote
Un sacerdote
di Daniel Fermanelli
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Martedì 26 Maggio 2020, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 10:32

MACERATA - «Fedeli e celebranti hanno seguito tutte le indicazioni fornite, a parte la forzatura ostentata di alcuni singoli che in una parrocchia hanno chiesto e ricevuto la Comunione in bocca». Nel valutare il ritorno alla celebrazione della messa domenicale dopo la chiusura delle chiese per la pandemia da coronavirus, il vescovo di Macerata, Nazzareno Marconi, intinge la soddisfazione nel fiele, soffermandosi su quella nube che ha gettato un’ombra in una giornata complessivamente snodatasi secondo i migliori auspici.


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Il disappunto è stato espresso ieri sera, dopo che in mattinata aveva avuto un incontro in videoconferenza con il Consiglio presbiterale diocesano. «Si tratta del risultato della polemica di alcuni singoli e di uno o due preti nei confronti della linea indicata dalla Cei e dal Governo», ha commentato monsignor Marconi delimitando comunque piuttosto nettamente il fenomeno, bollandolo come la posizione di pochi elementi «che non rappresentano per nulla il sentire della quasi totalità del clero e dei fedeli della nostra diocesi». Non solo, il vescovo maceratese ha tenuto a sottolineare di aver «notato che anche gruppi cosiddetti “tradizionalisti” presenti in diocesi, come in tutta Italia, hanno da noi mostrato maturità e senso di Chiesa degno di plauso», definendo infine la giornata di domenica «una piccola “prima prova di maturità ecclesiale” abbondantemente superata».
Il punto di osservazione del vescovo consente di avere una fotografia piuttosto nitida dell’andamento della giornata vissuta nelle chiese e dell’andamento delle cerimonie, in quanto scaturisce dal confronto proprio con il Consiglio presbiteriale diocesano, un organismo formato dai venti sacerdoti coordinatori delle Unità Pastorali in cui è organizzata la diocesi; esso, quindi, permette un monitoraggio frequente della vita di tutte le parrocchie. Il vescovo ha potuto verificare «che in tutte le celebrazioni si è rispettato il numero massimo di partecipanti, con una media di un 10% di posti rimasti liberi ovunque, rispetto al numero disponibile secondo le norme».
Ma il motivo della soddisfazione non scaturisce solo dall’organizzazione dei luoghi, quanto piuttosto dalla partecipazione all’organizzazione di tutto quanto necessario per rendere possibile e sicura la celebrazione del rito. Una mobilitazione di persone che ha accentuato il senso di comunità che è elemento costitutivo del rito religioso. 
A confermarlo sono le stesse parole di monsignor Marconi: «Tutto è stato organizzato con ordine ed impegno», tiene a specificare, non dimenticando l’opera e la disponibilità di quanti si sono prodigati. «I tanti volontari coinvolti hanno mostrato che la nostra Chiesa diocesana può contare su un laicato impegnato, serio e responsabile», ha detto gettando una luce confortante sulla vitalità dell’ambiente delle parrocchie.

Ma non solo: «Bella - ha concluso - anche la collaborazione offerta da gruppi della Protezione civile e da Confraternite». Una prima prova superata, dunque, ancor più importante perché ha consentito di ritrovare quel senso di comunità che si temeva di aver perduto.

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