Macerata, il carabiniere Leonardo fuori dall'incubo Coronavirus: «Ringrazio tutta la sanità italiana»

Macerata, il carabiniere Leonardo fuori dall'incubo Coronavirus: «Ringrazio tutta la sanità italiana»
Macerata, il carabiniere Leonardo fuori dall'incubo Coronavirus: «Ringrazio tutta la sanità italiana»
di Chiara Marinelli
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Mercoledì 15 Aprile 2020, 11:25 - Ultimo aggiornamento: 12:55

MACERATA - «Sono sopravvissuto all’inferno del Coronavirus». È un racconto choc quello di Leonardo Bertini, che in una lettera ha voluto ringraziare i medici che sono riusciti a strapparlo alla morte. Lui è un ufficiale dell’Arma, ma quella lettera l’ha scritta da comune cittadino. Perché quando sei su un letto di un ospedale non contano le divise. Non contano le stellette. Conta solo vincere la battaglia più difficile, quella contro il Covid-19. E lui, ex comandante del Reparto operativo dei carabinieri di Macerata, ancora legatissimo alle Marche, ci è riuscito. 

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Ora in servizio a Bologna, Bertini ha vissuto un vero incubo, iniziato il 21 marzo. L’ufficiale dei carabinieri allerta il 118. Portato in una tenda da campo, all’esterno del pronto soccorso, all’ospedale Maggiore, viene visitato dal personale medico e sanitario e, come da prassi, sottoposto a Tac e tampone. L’esito è drammatico, il tampone è positivo e per il colonnello Bertini - fino al 2016 a Macerata, dove ha condotto importantissime indagini - comincia l’incubo.
 
Una storia che lui stesso, da paziente, racconta attraverso una lettera aperta inviata al personale sanitario. «Vengo subito trasferito al Bellaria – ha raccontato Bertini nella lettera –, dove la sera ho una crisi respiratoria con svenimento. Un anestesista, so solo che si chiama Tommaso, mi ha soccorso. Quindi mi hanno portato subito in terapia intensiva e messo in uno scafandro. Volevo togliermi tutto e scappare – ha continuato Bertini –. Ma una voce mi ha suggerito: “O stai dentro allo scafandro o dobbiamo intubarti”. Ho cominciato a piangere, un pianto liberatorio che mi ha fatto capire come dovevo respirare». 
Le difficoltà 
Giorni difficili, senza l’amore della sua famiglia ma consolato soltanto dall’affetto dei medici. «Un grazie va all’infermiera che mi ha dato un bicchiere di Coca Cola per alleviare l’arsura del caso, facendomi felice per molte ore – si legge ancora nella lettera scritta da Bertini -. Un’altra infermiera mi ha messo la musica di Lucio Dalla: tra queste canzoni c’era la Sera dei miracoli. Poi sono stato portato in reparto con un anziano di Gaggio Montano, penso un ex partigiano vecchio stampo, che mi ha tenuto allegro con le sue storie di guerra. Voglio ringraziare tutta la sanità dell’Emilia Romagna per l’efficienza, la professionalità e soprattutto la grande umanità dimostrata. Ho avuto la fortuna di essere ricoverato a Bologna, in strutture altamente qualificate e funzionanti. Ringrazio di cuore tutti i medici, infermieri, oss e gli addetti alle pulizie per la professionalità e il sacrificio dimostrati, spero di non aver dimenticato nessuno – ha scritto ancora Bertini –. Ringrazio, in particolare, i primari e i dirigenti sanitari, che hanno organizzato il reparto e lo hanno dotato di idonee strutture, macchinari e dispositivi di protezioni. Non hanno trascurato nessuno». In Emilia la lettera scritta da Bertini (ora tornato a casa) ha avuto grande eco, suscitando commozione. «Sono orgoglioso di essere italiano e della sanità pubblica italiana», ha concluso l’ufficiale.

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