CIVITANOVA - L’imposta di soggiorno continua a essere digerita male dagli albergatori di Civitanova. Ma più che quell’euro da aggiungere per ogni giorno di permanenza al conto del cliente, l’aspetto che dà più fastidio è la destinazione dell’introito.
Secondo il principio che ha ispirato l’introduzione della tassa, e come prevede il regolamento approvato dal Comune di Civitanova, quanto incassato deve essere investito nel turismo. Ma finora non c’è stata da parte dell’amministrazione - secondo alcuni albergatori - una chiara e diretta assegnazione di questa entrata al settore della ricettività o ad un progetto turistico.
La categoria lamenta che finora, nei due bilanci in cui è entrata l’imposta di soggiorno, l’introito è finito nel calderone del bilancio ed è rimasto invariato il capitolo di spesa. Gianni Domizi, dell’hotel Solarium, non è sorpreso che la tassa sia stata reintrodotta ora che il Covid non rappresenta più un’emergenza. «L’amministrazione aveva deciso di applicare l’imposta nel 2019, dunque dopo due anni e mezzo di sospensione è naturale che si riattivi. È vero che ci sono località vicine che non applicano questa tassa. Però non penso che un euro in più a notte, per sei notti, possa influenzare la scelta. Chi prenota da noi chiede sempre se nel conto è inserita o no la tassa di soggiorno, segno che ormai sono abituati e si paga quasi dappertutto. La cosa importante è che questi soldi siano destinati al turismo». Ma finora gli albergatori non hanno avuto indicazioni certe su come siano stati usati quei soldi. «Non è stato fatto riguardo i proventi del 2019 – conclude – in bilancio si destina una somma al settore ma non mi pare sia aumentata. Invece dovrebbe esserci una destinazione precisa».
L’imposta sarà rimessa a partire dal primo giugno e la giunta prevede di incassare 75mila euro nel 2023. Stefano Mei, titolare dell’hotel Velus, è assolutamente contrario al balzello. «Lo ero allora, quando sedevo in consiglio comunale, e lo sono ora. Posso capire la tassa applicata d’estate, quindi alla sola utenza turistica. Ma così facendo si colpiscono anche le presenze commerciali. E le ditte, i loro rappresentanti o i loro operai che realizzano un’opera, guardano eccome quell’euro e scelgono altre località vicine. E poi chi controlla? Come si fa a stabilire chi versa il dovuto e chi no?».
Mei parla anche di problematiche relative alla parte burocratica. «L’imposta va scorporata dalla fattura, deve rimanere fuori.