È positivo e senza il vaccino, la famiglia: «Trasferitelo». Far West al pronto soccorso. Il primario: «Curiamo tutti»

Il primario Rita Curto
Il primario Rita Curto
di Emanuele Pagnanini
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Giovedì 19 Agosto 2021, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 14:42

CIVITANOVA - «In ospedale vengono curati tutti senza alcuna distinzione». Rita Curto, primario del pronto soccorso di Civitanova, lancia un messaggio talmente ovvio da sembrare superfluo. Ma, dopo quello che è successo ieri mattina al reparto, diventa invece indispensabile. Ci sono stati momenti di tensione quando i familiari di un paziente Covid trattato al pronto soccorso da alcuni giorni, si sono scagliati contro medici ed infermieri affermando che il loro caro non ricevesse le cure adeguate perché non vaccinato.

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Ci si è limitati alle parole poi i medici, pazientemente, hanno cercato di far ragionare persone chiaramente preoccupate per le condizioni del loro familiare di cui chiedevano il trasferimento in un reparto adeguato. Cosa che, secondo la loro opinione, sarebbe riservata ai vaccinati. Nulla di più falso. 

La vicenda 

«Per l’ospedale non serve il Green pass – spiega la dottoressa Curto –, purtroppo si è creato un clima di caccia alle streghe in cui si può avere la percezione di essere discriminato. Ma non è così. Sono accuse senza senso. Abbiamo sempre curato tutti e continueremo a farlo. Non lasciamo in strada tossicodipendenti o ubriachi. Nemmeno i fumatori». La stessa domanda se si è vaccinato o no, da qualcuno viene ritenuta una violazione. «Lo dobbiamo fare perché è un dato importante dal punto di vista clinico. Come chiedere l’età – continua la dirigente del pronto soccorso –, le difficoltà ci sono ma riguardano tutti, vaccinati e non. Il problema è che non riusciamo a trasferire i pazienti in reparti Covid. In provincia non ce ne sono, finora abbiamo fatto riferimento a Malattie infettive di Fermo ma ora è saturo. Quindi non c’è turnover. Gli ingressi giornalieri sono pochi, nell’ordine di uno o due. Però non essendoci dimissioni, si accumulano con quelli dei giorni precedenti. Capisco che sia scomodo rimanere tanto tempo in una lettiga del pronto soccorso. Ma per le terapie, non cambia nulla». Ieri c’erano 7 pazienti, il giorno precedente 9. Praticamente si fa il lavoro di un reparto più quello ordinario di emergenza. Permanenza media che si allunga: c’è chi è al pronto soccorso da 5 giorni. Una donna (non vaccinata) ancora ricoverata dopo il matrimonio ad Altidona che ha causato un focolaio. Chi, invece, ha bisogno di Terapia intensiva viene trasferito subito. Gran carico di lavoro per il personale, con medici che devono vestirsi, sanificarsi e rivestirsi perché fanno servizio sia nella zona pulita che sporca. Tra i Covid, però, c’è sempre come minino un’infermiera. «Ci sono poi le ripercussioni sull’attività ordinaria - prosegue Curto -. Ora abbiamo 6 pazienti in medicina d’urgenza. La sala è sempre piena e le attese si allungano con conseguenti proteste. Il personale è sempre lo stesso, anzi ora ci sono anche le ferie». 

Gli scenari 

Se gli ingressi dovessero aumentare, non è da escludere la riapertura di reparti Covid in provincia, a Camerino da piano pandemico. Per ora si va avanti. «Fortunatamente i casi rispetto all’inverno sono meno gravi. Rari quelli che vengono con insufficienza respiratoria. Anzi, la maggior parte arriva al pronto soccorso per altri motivi, tipo il cardiopatico che poi si scopre positivo quando lo sottoponiamo al tampone. Il più giovane ha 33 anni, la fascia media di ingressi è 40/50. Quasi tutti non sono vaccinati, ma questo lo dico solo per fini statistici ed epidemiologicici».

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