Civitanova, maxi frode con le auto di lusso. Clienti anche ​professionisti e calciatori

Le supercar
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Venerdì 18 Ottobre 2019, 07:39 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 08:38
CIVITANOVA - La Guardia di finanza di Isernia ha scoperto una maxi frode sulle auto di lusso: 23 persone in manette, effettuati sequestri preventivi per 7,5 milioni, tra beni mobili ed immobili, somme di denaro, auto e quote societarie. Nell’ambito dell’indagine è finito agli arresti domiciliari anche un 39enne civitanovese che opera nel settore del commercio di auto. 

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Tredici indagati si trovano ora in carcere e 10, tra cui appunto il civitanovese, sono agli arresti in casa. Emesse due ordinanze restrittive anche nei confronti di una cittadina tedesca e di un italiano residente nella Repubblica Ceca. L’inchiesta ha riguardato il commercio di auto di lusso di origine comunitaria e sono stati messi a segno blitz nelle province di Isernia, Frosinone, Latina, Caserta, Salerno, Milano e Macerata. La sinergia tra Finanza e Agenzia delle Entrate di Isernia, ha permesso di disarticolare una mega frode ai danno dell’Unione Europea e dell’Italia, messa in atto da un consolidato gruppo criminale che operava con base stabile in Italia e proiezioni internazionali. Tra gli ignari clienti vi erano, oltre ad imprenditori, professionisti di spicco e personaggi pubblici, tra cui anche noti calciatori. 

 
La frode si è fondata sull’utilizzo di sofisticate tecniche di falsificazione che sfruttavano le “falle” dei sistemi di controllo adottati dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero dei Trasporti. Tracciato l’intero percorso di frode (dalla falsificazione documentale all’evasione transnazionale dell’Iva intracomunitaria non versata). È stato scoperto, come sottolineato da Finanza e procura di Isernia «un consolidato sistema criminale che ha portato all’individuazione di 1576 auto di lusso, illecitamente “nazionalizzate”, tra cui Ferrari, Porsche, Maserati, Bentley, Jaguar, oltre ad una moltitudine di Mercedes, Audi, Bmw, Land Rover». Scoperti inoltre «7.499.220 euro di Iva evasa, 51.572.268 euro di imponibile relativo all’emissione di fatture soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti. Sono 167 le persone coinvolte a vario titolo, 159 le concessionarie e 9 le società estere. Oltre ad una miriade di aziende minori di Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Marche, Sicilia, Puglia e Molise, è stata rilevata la presenza di due grossi gruppi commerciali operanti rispettivamente nel Lazio e in Campania, risultati contigui con gruppi della criminalità organizzata (esponenti del clan dei casalesi operanti nel basso Lazio e clan camorristici dell’area vesuviana e nocerinosarnese)». 
In pratica, sempre secondo gli investigatori, sfruttando l’indebito risparmio d’imposta costituito dall’Iva non versata (aliquota del 22%), «il sodalizio è risuscito ad acquisire una rilevante quota di mercato, costituendo delle vere e proprie “posizioni dominanti” nel mercato nazionale degli autoveicoli di lusso, con l’ovvia conseguenza della distorsione del principio di libera concorrenza. Il meccanismo di frode riscontrato correva a doppio binario su due versanti distinti e correlati: quello fiscale, attraverso l’utilizzo di triangolazioni societarie; quello tecnico, legato alla nazionalizzazione dei veicoli mediante la predisposizione di documentazione falsa, appositamente prodotta per aggirare i sistemi di controllo incrociato dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dei Trasporti, sfruttandone le falle comunicative». Il sistema di triangolazione societaria era basato su operazioni commerciali tra aziende di Paesi membri dell’Unione Europea, attraverso l’utilizzo di società cartiere “missing trader”, con l’interposizione di più società filtro “buffer”, talvolta controllate a loro volta da società “off-shore” (operanti a Cipro e nelle isole Cayman), il tutto al fine di ostacolare la tracciabilità dei flussi commerciali e finanziari. «Le società estere utilizzate - evidenziano ancora procura e Fiamme gialle - venivano costituite ad hoc da soggetti italiani che stabilivano delle teste di ponte soprattutto in Repubblica Ceca e in Germania. Tali società sono risultate riconducibili ad italiani pluripregiudicati, legati a clan camorristici già operanti nel settore della compravendita di autoveicoli in Italia, caratterizzati da legami familiari ed interessi in società italiane collegate tra loro come società satellite, utilizzate nella filiera “cartolare”. L’attività di riscontro documentale è stata affiancata da capillari attività tecniche e dall’acquisizione informatica di migliaia di mail, chat, whatsapp e messenger, canali preferenziali di comunicazione utilizzati con disinvoltura dai vari personaggi controllati, nella consapevolezza della non intercettabilità degli stessi».  Sempre secondo gli inquirenti «tale particolare circostanza ha permesso di identificare e decifrare l’intero sistema illecito, tracciandone le varie fasi e mettendone in luce i veri “dominus”, ricostruendo il centro direzionale unico dell’intera filiera criminale il quale, accentrando l’emissione delle fatture di acquisto e vendita, nonché utilizzando le caselle di posta elettronica delle aziende “cartiera” e “filtro”, fungeva da nodo nevralgico del sistema illecito. Parallelamente, è stata individuata una cellula operativa al servizio di tale organizzazione, costituita da vari soggetti, ognuno con un preciso ruolo funzionale. Tra gli ignari clienti vi erano, oltre ad imprenditori, professionisti di spicco e personaggi pubblici, tra cui anche noti calciatori. 
Trovata in un immobile rurale del basso Lazio una vera e propria “stamperia” per la riproduzione di ogni genere di documentazione fiscale (fatture di importazione, bollette doganali ecc.) e tecnica (libretti di circolazione e certificati di conformità). Sequestrati 51 timbri relativi a vari uffici pubblici italiani (motorizzazioni, comuni, dogane e notai) ed esteri (Motorizzazioni tedesche, austriache, spagnole, ecc.), bollini olografici delle motorizzazioni federali tedesche, 6 patenti italiane in bianco e supporti cartacei di carta filigranata. 
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