«Offese razziste sui social alla Kyenge», assoluzione per il vicesindaco Troiani

Il vicesindaco Fausto Troiani
Il vicesindaco Fausto Troiani
di Benedetta Lombo
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Martedì 14 Luglio 2020, 04:35
CIVITANOVA - «Rimane negra». Vicesindaco assolto per non aver commesso il fatto. La difesa: «Non c’era la prova che fosse stato lui a scrivere quella frase». Tra 90 giorni le motivazioni, poi la Procura valuterà se portare il caso in Appello. È arrivata verso le 16.30 di ieri la sentenza del processo a carico di Fausto Troiani accusato di diffamazione nei confronti dell’ex ministro Cecile Kyenge, aggravata dal fatto che il reato era stato commesso nei confronti di un pubblico ufficiale e per finalità di discriminazione e odio razziale ed etnico. 


 
L’episodio è di Natale del 2013 quando a commento di una foto dell’ex ministro che serviva il pranzo in una mensa per poveri era apparsa la scritta «rimane negra». La foto e il nome dell’autore del commento erano quelli di Fausto Troiani. Due anni dopo un episodio simile. A commento di un articolo online su Gad Lerner e Laura Boldrini era apparsa la frase: «Una (poco di buono) e un (omosessuale), entrambi cessi, quale oscenità programmeranno». Anche in quel caso la foto e il nome erano quelli di Troiani. Altri due anni dopo, a novembre del 2018, il terzo commento, questa volta contro papa Francesco: «Per non parlare di Francesco e del suo staff di pedofili». 
Tre commenti che hanno dato luogo a tre procedimenti distinti coordinati dal procuratore capo Giovanni Giorgio. Per le offese al papa Troiani aveva chiesto e ottenuto la messa alla prova, il 18 settembre il giudice Francesca Preziosi dovrebbe approvare il programma, per gli insulti all’ex presidente della Camera Boldrini il processo si aprirà dopo l’estate, mentre ieri si è chiuso quello per gli insulti all’ex ministro Kyenge.
Il collegio presieduto dal giudice Daniela Bellesi ha sentito il consulente tecnico informatico della difesa, Roberto Rocchi, che ha evidenziato l’assenza di «qualsiasi attività informatica per stabilire senza ombra di dubbio chi fosse l’autore dei post. Il nome può essere modificabile da chiunque». Poi la discussione.
Il pm Vincenzo Carusi ha chiesto la condanna a 11 mesi di reclusione riconoscendo la sola aggravante della discriminazione razziale.
Per il sostituto, Troiani negli anni aveva ammesso espressamente di essere l’autore dei post, chiedendo anche scusa sui giornali. «Può smentire quello che vuole ma lui stesso si era accusato – ha tagliato corto il pm –. E comunque, scoperto questo, perché non ha denunciato nessuna persona ignota per sostituzione di persona?».
«Troiani non ha reso nessuna dichiarazione in presenza dell’avvocato – ha ribattuto il legale Gian Luigi Boschi nella sua arringa –, se a mezzo stampa ha rivendicato qualcosa a me non risulta e c’è da vedere se è vero».
Il legale ha poi affermato che senza un accertamento informatico su Id e computer non si poteva escludere che fosse stato qualcun altro a fare l’accesso nel suo profilo. «Anche il mio profilo Facebook è stato hackerato – ha aggiunto Boschi – e qualche mese fa ho denunciato il fatto». Sull’aggravante dell’odio razziale l’avvocato ha parlato di «una frase scritta con leggerezza ma senza alcuna connotazione razzista».
 
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