Ursula, la madre dell'omicida Ferluzzo: «Non pensavo che Filippo potesse arrivare a tanto». L'ultimo Tso l'anno scorso

La madre dell'omicida: «Non pensavo che Filippo potesse arrivare a tanto»
La madre dell'omicida: «Non pensavo che Filippo potesse arrivare a tanto»
di Daniel Fermanelli
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Lunedì 1 Agosto 2022, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 19:24

CIVITANOVA - È distrutta, non riesce a darsi pace. Ursula Loprete, madre di Filippo Ferlazzo, non avrebbe mai potuto immaginare che suo figlio - nonostante gli attacchi d’ira più volte manifestati - fosse capace di trasformarsi in un killer spietato.

La donna, architetto, vive a Salerno e si è sempre presa cura di lui con grande amore, aiutandolo ad affrontare le tante difficoltà con cui il 32enne ha dovuto fare i conti. Ma questa volta può fare ben poco. Il giovane è in carcere a Montacuto per aver ucciso il mendicante nigeriano Alika Ogorchukwu. Lo ha strappato alla vita aggredendolo con una violenza inaudita in corso Umberto I. 
 


La reazione 


«Non avrei mai pensato che Filippo potesse arrivare a tanto. Sono profondamente addolorata per la famiglia della vittima e preoccupata per mio figlio». Nonostante la giovane età, la vita di Ferlazzo è stata piena di ostacoli.

Il 32enne ha problemi psichiatrici. L’ultimo Tso di cui si ha traccia è stato applicato a Salerno, dopo la denuncia della madre, che l’anno scorso aveva presentato una querela contro il figlio per minacce. Il giovane aveva lasciato la casa ma dopo un po’ disse di non avere una sistemazione e la madre lo aveva riaccolto con lei. Ma gli attacchi in cui sembra diventare cieco e sordo non erano mai del tutto terminati. Accettò di ricoverarsi in un centro per tossicodipendenti e disturbi psichiatrici. Poi l’affidamento agli assistenti sociali e i lavori socialmente utili. E infine la decisione di allontanarsi da Salerno. 

I disturbi 


Ferlazzo ha avuto problemi di tossicodipendenza e soffre di un disturbo borderline della personalità. E Ursula, separata dal padre del giovane arrestato, era stata nominata sua amministratrice di sostegno. Ora è pronta a dimostrare che suo figlio è mentalmente instabile, presentando tutte le carte del Tribunale di Salerno. Per la donna, l’aggressione choc sarebbe frutto del disagio psichico del giovane. E anche lei, come già sostenuto dalla polizia, è sicura che non è stato un omicidio di matrice razzista. Ferlazzo da alcuni mesi viveva a Civitanova con la compagna Elena, di 45 anni, e lavorava alla Steve Stampi, nella Città Alta, con un contratto di un mese. Ha sempre coltivato la passione per l’arte (si faceva chiamare Artista Figò), partecipando anche a diverse mostre. Sul suo profilo Facebook mostrava le sue opere con orgoglio. «La tela per me ha un significato molto particolare - ha scritto in un post -, è come un baratro dove rinchiudo i miei demoni. I soggetti che dipingo non sono obbligatoriamente belli, anzi a volte mi spaventano, ma sono sicuro che sono confinati in una tela perfetta». Ma quei demoni venerdì scorso hanno mostrato il loro volto più feroce. E Ferlazzo ha ucciso il medicante nigeriano solo perché questi gli aveva chiesto qualche spicciolo con eccessiva insistenza. Per la mamma, nonostante il disagio mentale, un simile raptus di violenza era inimmaginabile.

La visita

Nell’aprile scorso, sarebbe stato sottoposto a una visita psichiatrica nell’ospedale di Civitanova. La madre era ancora la sua tutor nonostante i tanti chilometri di distanza (più di 400) che li separavano. E proprio questo aspetto è finito nel mirino dell’avvocato Francesco Mantella, che assiste la famiglia del 39enne nigeriano. «Abbiamo appreso che la difesa chiederà una perizia psichiatrica - afferma il legale -. Ma vanno effettuate tutte le verifiche del caso. È stato fatto tutto il necessario per la cura, la terapia e la vigilanza? Se si dovrà affrontare la questione dell’eventuale incapacità di intendere e volere al momento del fatto, allora bisognerà anche fare maggiore chiarezza sul ruolo di chi doveva evitare comportamenti pericolosi da parte del giovane». La Procura potrebbe decidere di approfondire la questione.

La famiglia della vittima

La famiglia di Ogorchukwu torna anche a parlare di razzismo. «Per come sono avvenuti i fatti - prosegue Mantella - non mi sento di poter escludere che Ferlazzo si sia scagliato contro Alika per il colore della sua pelle. Ma è solo una mia personale sensazione. Aggiungo un’altra cosa. Vista l’indifferenza dei passanti durante l’omicidio, non so se sarebbe accaduta la stessa cosa se la persona aggredita avesse avuto la pelle bianca. Le scuse di Ferlazzo? Non bastano, ora serve solo giustizia e non vendetta». Sconvolta anche Elena, la compagna dell’operaio arrestato: «Sono una donna distrutta, sto malissimo - ha ribadito ieri -. Sono veramente vicina alla famiglia di Alika». Poi ha ricordato che non era presente al momento dell’aggressione ma si trovava in un negozio. «Se fossi stata lì l’avrei fermato», ha aggiunto. Questa mattina nel carcere di Montacuto l’udienza di convalida dell’arresto davanti al Gip Claudio Bonifazi. E Roberta Bizzarri, avvocato del giovane, formalizzerà la richiesta di una perizia psichiatrica nei confronti dell’operaio, che avrebbe un’invalidità civile al cento per cento. Domani l’autopsia. 

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