CIVITANOVA È sopravvissuto alla deportazione. E dopo aver compiuto 99 anni, appena due settimane fa, è riuscito a sconfiggere il Covid e a rimettersi in sesto dopo la rottura di un femore. Così, dimesso dall’ospedale, è lo stesso Quinto Nunzi - che ha fatto causa alla Germania chiedendo 130mila euro di risarcimento per i danni subiti durante la deportazione - a raccontare quello che ha vissuto dal 1943 al 1945, dopo essere stato catturato dalle forze militari tedesche e deportato a Mislovitz in Polonia, in un campo di lavoro.
«Ci facevano lavorare in miniera dandoci da mangiare una patata al giorno, quando andava bene - racconta Nunzi -. Una volta abbiamo provato a fuggire di notte, eravamo in tre, ma i tedeschi ci hanno riacciuffato dopo un chilometro. Mi avrebbero fucilato, ma il capitano delle SS mi si è avvicinato e mi ha detto che somigliavo a suo figlio. Così mi ha risparmiato. Quando ci hanno liberato pesavo appena 37 chili. Pensavo che non sarei sopravvissuto». Invece ce l’ha fatta Quinto. E la forza che gli ha permesso di sopravvivere ora ha deciso di impiegarla per fare causa alla Germania.
Il figlio Tonino e il fondo per le vittime dei crimini di guerra
«Era tanto che mio padre lo desiderava - racconta il figlio Tonino - poi l’avvocato Dino Gazzani insieme alla collega Alessandra Piccinini dell’Anpi di Cingoli e Apiro ci hanno detto che il governo Draghi aveva stanziato un fondo per risarcire le vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità.