Pasta da record mondiale: Italia primo paese produttore ed esportatore (+50% in Arabia Saudita) Felicetti: «Con 2 euro un pasto per 4 persone»

Felicetti, presidente dei pastai italiani: «Prima di tornare alle condizioni pre 2021, dobbiamo però attendere la fine della campagna di quest’anno, se non addirittura il 2024»

Pasta da record mondiale: Italia primo paese produttore ed esportatore (+50% in Arabia Saudita) Felicetti: «Con 2 euro un pasto per 4 persone»
Pasta da record mondiale: Italia primo paese produttore ed esportatore (+50% in Arabia Saudita) Felicetti: «Con 2 euro un pasto per 4 persone»
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Domenica 26 Marzo 2023, 10:48

I rincari di grano e frumento per la crisi energetica e la siccità non hanno frenato l’export di pasta made in Italy. Nel mondo dici pasta e dici Italia. I dati sono record: nel 2022 ci confermiamo primo Paese produttore al mondo (con 3,5 milioni di tonnellate, davanti a Usa e Turchia) e maggiori consumatori con 23 chili annui pro-capite.

Naturalmente, anche maggiori esportatori, tanto da aver consolidato la posizione grazie alle ottime performance del 2022. Unione Italiana Food stima che con 2,4 milioni di tonnellate di spaghetti, maccheroni e via elencando nel 2022 l’export è cresciuto del 5,2% sul 2021; addirittura del 31% in valore, per un totale di 3,7 miliardi di euro. In pratica oltre 78 milioni di porzioni di pasta italiana finiscono nella dieta o sulle tavole di tutto il mondo. I dati dettagliati saranno resi noti in giugno all’assemblea degli industriali del settore. Intanto Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani, può commentare soddisfatto che «oggi oltre il 60% dei pacchi di pasta prodotti in Italia viene esportata, contro il 48% nel 2000 e il 5% nel 1955». «Se la pasta italiana – aggiunge – gode all’estero di tanto successo e ha un percepito estremamente positivo è merito del saper fare centenario dei pastai italiani». 


IL MERCATO
L’Europa comunitaria è il mercato principale (65,2%), mentre il restante 37,8% riguarda nell’ordine America, Asia, Africa, Oceania. In valori assoluti, Germania (440 tonnellate), Regno Unito (296), Francia (267), USA (259) e Giappone (67) sono le aree più strategiche per l’export. La voglia di pasta italiana registra crescite superiori al 20% in Canada, Polonia, Malta, Libia e Kenya, superiori al 50% verso Arabia Saudita e Tunisia, e addirittura superiori al 100% per Repubblica di Moldavia, Indonesia, Iraq, Costa d’Avorio e Birmania. Tutto il mondo, del resto, consuma più pasta, essendo raddoppiati gli acquisti negli ultimi 10 anni da 9 a 17 milioni di tonnellate.

Dietro l’Italia con i suoi 23 kg pro capite annui, si posizionano Tunisia (17), Venezuela (15). I concorrenti principali nell’export sono Turchia, Australia, Usa e Germania. «Il gradimento per le nostre produzioni – afferma Felicetti – è sempre più forte ed è un bene per l’intero settore agroalimentare italiano, perché la pasta è il veicolo principale di promozione a partire dai suoi condimenti: olio d’oliva, formaggi, sughi».

Importante, quindi, per Felicetti la candidatura della cucina italiana a patrimonio Unesco, come annunciato in settimana dal ministro all’Agricoltura e alla sovranità alimentare Francesco Lollobrigida. «Come già avvenuto con la dieta mediterranea, significa valorizzare un modello che è culturale e alimentare allo stesso tempo, fatto di ingredienti, di abbinamenti di sapori e della capacità del saper fare italiano». Nella pasta – sia sul versante produzione che consumo – è intrinseca anche la logica della sostenibilità e dell’impatto ambientale. Anche in epoca di grande siccità, come l’attuale. «Per produrre grano duro – spiega il presidente dei pastai – serve una irrigazione molto limitata. Inoltre, negli stabilimenti di produzione la pochissima pasta che usiamo per gli impasti viene recuperata e reimmessa in rete. Le essiccazioni sono lavorate a circuito chiuso». 


L’IMPATTO DELLA CRISI
La congiuntura economica, naturalmente, pesa anche sul settore. «Il peggio – afferma Felicetti – lo abbiamo alle spalle, dopo l’impennata dei costi del grano dell’80% nel 2021 per il crollo della produzione americana e l’aumento dei costi di energia, di trasporto e di tutte le materie prime dello scorso anno». La crisi appare ridimensionata, ma non ancora sicuramente allontanata. «Prima di tornare alle condizioni pre 2021, dobbiamo attendere la fine della campagna di quest’anno, se non addirittura il 2024», prevede Felicetti. Come da tradizione, l’industria italiana della pasta non si ferma nell’innovazione di prodotto e nell’inventare nuovi formati da aggiungere ai circa 300 tradizionali. Gli ultimi dati (2021) indicano una produzione totale in 112 pastifici (con 10.273 dipendenti) per un valore di 5,68 miliardi: 4,82 per le paste secche, di semola, all’uovo e ripiene e 859 per la pasta industriale fresca. Qualunque sia, è il prodotto economicamente più accessibile. «Con mezzo chilo di pasta e pochi altri ingredienti (pomodoro, olio, formaggio – afferma Felicetti – si riesce a preparare un pasto gustoso e nutriente per una famiglia di 4 persone, spendendo poco più di 2 euro»
 

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