Se l’anoressia nervosa sia legata a un disturbo del comportamento, e sia quindi una patologia di tipo psichiatrico, o se invece entrano in campo anche altri fattori di tipo biologico, è un rebus che gli scienziati provano a risolvere da tempo. Senza però arrivare a conclusioni univoche. Ecco perché i risultati di uno studio condotto dagli scienziati dell’Università di Copenaghen e pubblicato su Nature Microbiology potrebbe confermare un’ipotesi che si fa largo da qualche tempo: a causare l’anoressia nervosa sarebbe un’alterazione del cosiddetto microbiota intestinale, ossia l’insieme dei microbi e batteri presenti nell’intestino. Questo vorrebbe dire che l’anoressia è una malattia che si può trasmettere da madre a figlia durante la gravidanza.
I ricercatori hanno infatti notato che tra il microbiota di 77 ragazze e giovani donne danesi affette da anoressia nervosa e quello di 70 coetanee sane coinvolte nello studio c’è molta differenza: le pazienti anoressiche avevano un microbiota intestinale con una maggiore capacità di influenzare l’umore oltre a concentrazioni più elevate di molecole che inducono sazietà rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, le pazienti con anoressia presentavano una composizione intestinale alterata e un’interazione disturbata tra virus e batteri intestinali.
LE IPOTESI
La pista seguita dagli scienziati danesi, in realtà, non è nuova. «Ci sono già numerosi studi in letteratura degli ultimi 4-5 anni che dimostrano che il microbiota intestinale dei pazienti anoressici è diverso da quello dei loro coetanei non anoressici», spiega Antonio Gasbarrini, preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma e direttore del Centro Malattie dell’Apparato Digerente della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli. Finora non era chiaro però se questa differenza era causa o conseguenza dell’anoressia. «Questo studio dimostra che le donne con anoressia nervosa hanno un microbiota diverso da quelle con equilibro alimentare – precisa Gasbarrini -. Il dato importante è che il microbiota delle donne anoressiche ha una maggiore capacità di degradare una serie di messaggeri chimici che vanno a condizionare il comportamento del cervello e l’umore delle persone. Potrebbe essere anche una conseguenza del disturbo alimentare, fatto sta che nel sangue delle donne anoressiche ci sono metaboliti prodotti dal microbiota intestinale che danno sazietà».
E per gli scienziati non è un’osservazione di poco conto. «La novità è che il microbiota delle donne anoressiche trapiantato nei topolini – prosegue l’esperto del Gemelli - fa sì che anche loro mangiano meno, hanno meno fame, aumentano meno di peso, hanno disturbi del comportamento.
LA DIFFUSIONE
«Il fenomeno purtroppo è in crescita - precisa Laura Di Renzo, direttore della scuola di specializzazione in Scienza dell’alimentazione dell’Università Tor Vergata di Roma e consulente del centro sui disturbi della nutrizione e dell’alimentazione del Policlinico universitario - L’anoressia nervosa prima la identificavamo solo nei pazienti di sesso femminile, ora invece si osserva indipendentemente dal genere. Purtroppo, si è abbassata anche l’età dei soggetti che ne soffrono e viene diagnosticata anche nell’età più adulta, non solo nella fase adolescenziale».
Inutile dire che il numero delle diagnosi è aumentato dopo la pandemia. «Per arrivare alla guarigione - rimarca Di Renzo - il risultato dipende dalla volontà del paziente di intraprendere un percorso di cura e quindi dalla partecipazione alle scelte. Ma non bisogna perdere tempo: ai primi campanelli di allarme, è bene rivolgersi ai centri specialistici. Purtroppo, però, ancora oggi in alcuni casi la famiglia non si accorge dei segnali del malessere e i pazienti arrivano da noi molto tardi».
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