Vaiolo delle scimmie, il fratello del maresciallo Mancini morto a Cuba: «Non sapevamo fosse stato contagiato»

Il maresciallo Germano Mancini aveva avuto da poco l’incarico di comandante di stazione

Vaiolo delle scimmie, il fratello del maresciallo Mancini morto a Cuba: «Non sapevamo fosse stato contagiato»
Vaiolo delle scimmie, il fratello del maresciallo Mancini morto a Cuba: «Non sapevamo fosse stato contagiato»
di Paolo Vercesi
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Mercoledì 24 Agosto 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 10:57

La diagnosi di vaiolo delle scimmie è stata anticipata dalle autorità cubane: Germano Mancini, maresciallo dei carabinieri originario di Pescara da 17 anni in servizio a Scorzè, vicino Venezia, sarebbe dunque la prima vittima italiana del virus. La morte è avvenuta domenica a Cuba dove il maresciallo era in vacanza, ma in Veneto sono scattati i protocolli di sicurezza. Sgomento e dolore a Pescara in casa Mancini. «Era un viaggio organizzato per cercare un po’ di relax dopo tanto lavoro e per festeggiare la promozione a comandante. Ma, aggiungo, era anche un viaggio che lui da solo non avrebbe mai scelto di fare. Germano non amava andare in giro, tanto meno in aereo: che io ricordi non gli è mai piaciuto volare, forse per paura. Stavolta, e vorrei non l’avesse mai fatto, aveva accettato di partire dopo aver ceduto alle insistenze di un suo amico che da vent’anni voleva portarlo a Cuba e che aveva organizzato un gruppo di viaggio» racconta il fratello Massimo.
 

Chi vi ha informato della situazione che si è creata a Cuba?
«È stato proprio questo suo amico a dirci delle condizioni sempre più gravi di Germano. Sapevamo che non stava tanto bene e che era stato ricoverato in ospedale ma non sapevamo fosse il vaiolo delle scimmie e non ci saremmo mai aspettati un esito fatale».

 

Ci racconta chi era il maresciallo Germano Mancini?
«Una brava persona e un ottimo carabiniere, viveva per la divisa. Per noi della famiglia questo è un momento di profondo dolore per il quale chiediamo rispetto». 

 

Cinque fratelli cresciuti con alto senso del dovere e dello stato, tutti con una divisa.
«Sì. Io sono nella polizia penitenziaria, poi ci sono un brigadiere dei carabinieri, una guardia giurata e un poliziotto. Lavoriamo tutti in Abruzzo, tranne il poliziotto che sta a Milano».

 

Chiusa nell’abitazione di Pescara c’è mamma Elisa, dal 2006 vedova del marito Umberto. Non sa di aver perso un figlio?
«Non gliel’abbiamo detto e non so se, né quando, avremo il coraggio di farlo. In questo momento dobbiamo pensare a proteggerla. Ha 88 anni, soffre di diverse patologie e temiamo potrebbe non reggere a una notizia tanto terribile. Oggi non le abbiamo portato i giornali e stiamo cercando di fare in modo che non lo venga a sapere dalla televisione. Il cellulare mi squilla di continuo, sono tutte persone che chiedono della scomparsa di Germano e non posso farmi sentire in casa da lei».

 

Germano non ha mai prestato servizio a Pescara?
«No. Aveva lasciato il capoluogo adriatico (dopo il Natale del 1994, ndr) con destinazione Veneto. Per 16 anni è stato vice comandante a Scorzè e da appena due mesi aveva assunto l’incarico di comandante. Era conosciuto, stimato e amato dai colleghi e dalla comunità nella quale si era perfettamente integrato»

 

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