Terremoto, Ciociaria a rischio. Il presidente dell'Ingv: «Roma è più vulnerabile»

Terremoto, Ciociaria a rischio. Il presidente dell'Ingv: «Roma è più vulnerabile»
di Mauro Evangelisti
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Sabato 9 Novembre 2019, 08:03 - Ultimo aggiornamento: 09:41

«Roma non ha un elevato livello di pericolosità per i terremoti, ma ha un alto rischio per una peculiare vulnerabilità».
Carlo Doglioni, è il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e professore ordinario di Geodinamica alla Sapienza.

Il terremoto dell'altro giorno, con epicentro in provincia dell'Aquila, è collegato alle scosse del 2016 e del 2017?
«Un terremoto di magnitudo tra 4 e 5 viene definito leggero, come energia è molto piccolo. Con quello di 6,5 di magnitudo del 30 ottobre del 2016 c'è una differenza, in termini di energia rilasciata, di oltre mille volte. E la scossa dell'altro giorno non c'entra con quello del 2016. È una struttura completamente diversa, nella Val Roveto, leggermente più a ovest della Piana del Fucino dove nel 1915 c'è stato uno dei più catastrofici terremoti italiani, con 30 mila morti. Era il 13 gennaio e con la Regione Lazio abbiamo deciso di dedicare quella data alla giornata della memoria dei terremoti, perché i più giovani siano consapevoli che l'Italia è un paese a rischio sismico».

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Dobbiamo preoccuparci perché il sisma di giovedì era nella stessa zona?
«No, è una struttura leggermente più a ovest. È una sequenza che però non dobbiamo sottovalutare: è un'area in cui da diversi secoli non ci sono terremoti importanti. Quindi è tra quelle in Italia con più pericolosità. Il terremoto più vicino esattamente in quella zona è del 1654, fu di magnitudo, ovviamente stimata, di 6,4. Parliamo di Abruzzo e Frusinate. A questo si sommano gli effetti di amplificazione locale. I paesi costruiti su depositi alluvionali hanno fenomeni di amplificazione delle onde che rendono il terremoto più distruttivo».

Quando un terremoto si avverte a Roma c'è sempre un'attenzione più elevata, facendo arrabbiare chi vive in altre regioni. Però è vero che negli ultimi anni nella Capitale si sono sentite più scosse del passato. Qualcosa sta cambiando? C'è una sensibilità più alta?
«Sono vere entrambe le affermazioni. E c'è un altro dato: negli ultimi vent'anni ci sono stati più terremoti che in quelli precedenti. Purtroppo i terremoti a volte arrivano a grappoli. Pensi a Umbria-Marche 97-98, Molise 2002, L'Aquila, 2009, Emilia 2012, Amatrice-Norcia-Casamicciola 2016-2017, Molise 2018. Però tenga conto che all'inizio del secolo scorso si concentrarono soprattutto al sud, pensi alla Calabria».

Molti dei terremoti recenti sono avvenuti vicino a Roma. Perché si stanno concentrando nel centro Italia?
«La natura fa il suo corso. L'Appenino si dilata, 4-5 millimetri all'anno. È lo strappo di un tessuto che gradualmente si propaga».

Anche molti quartieri di Roma sono costruiti su terreni alluvionali e soffrono un'amplificazione dell'effetto delle scosse sismiche. Questo cosa ci deve insegnare?
«Anche Roma ha avuto terremoti importanti nella sua storia: 443 dopo Cristo, si pensa che una parte del Colosseo sia crollata in quell'occasione. E poi nel 1349. La pericolosità sismica di Roma è però più bassa però di quella della zona assiale dell'Appennino. Anche nella Capitale, come nel resto del Paese, prima di tutto, è giusto che ogni cittadino si chieda se la propria casa è antisismica. In tutta Italia bisogna costruire perché le case rimangano abitabili anche dopo un terremoto. E Roma ha una pericolosità sismica non elevata, ma ha un'alta esposizione, amplificazione e vulnerabilità. Per questo è importante la prevenzione».
 

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