Siccità, cosa sta succedendo? Laghi e fiumi a secco: è già emergenza. Centrali elettriche a rischio stop

Per il secondo anno consecutivo invasi semivuoti: allarme soprattutto al Nord. La produzione non basta per garantire sia l’irrigazione sia la produzione idroelettrica

Siccità, cosa sta succedendo? Laghi e fiumi a secco: è già emergenza. Centrali elettriche a rischio stop
Siccità, cosa sta succedendo? Laghi e fiumi a secco: è già emergenza. Centrali elettriche a rischio stop
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 23 Febbraio 2023, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 06:26

In alcune aree è anche peggio dell’anno scorso. E soprattutto gli effetti sono moltiplicati dal fatto che la siccità colpirà per la seconda estate consecutiva. Senza tregua. I segnali sono chiari e stanno causando effetti pratici, con l’ombra dei tagli di produzione di energia idroelettrica. La siccità sta colpendo soprattutto nel Nord del Paese, tanto che in provincia di Biella hanno già chiesto ai cittadini di non lavare le auto, come in piena estate. Nella vicina Francia si parla di razionamenti a marzo. Ma non sono preoccupate solo le regioni settentrionali: anche nel Lazio il livello di attenzione è altissimo. Racconta David Granieri, presidente di Coldiretti Lazio: «Nelle prime settimane del 2023, a causa di eventi atmosferici che alternano gelate a temperature insolitamente alte, abbiamo calcolato 250 milioni di euro di danni. A questi si aggiungeranno quelli legati alla siccità, un disastro». Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, associazione Nazionale Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue: «Anche nel Lazio il quadro è in peggioramento, sia per i fiumi sia per i laghi. E al Nord sta andando pure peggio di un anno fa: a Torino il Po ha una portata inferiore del 70 per cento della media storica, la percentuale di riempimento del lago di Garda è del 35 per cento, quella del lago Maggiore del 38. Non stiamo producendo in alcuni casi energia idroelettrica. E abbiamo rinunciato a seminare 8mila ettari di riso».

Siccità, lo scenario

Alessandro Bratti è segretario dell’Autorità distrettuale del Fiume Po, e conferma: «Le difficoltà principali, sul fronte della siccità, oggi sono nelle Regioni del Nord-Ovest. Piemonte, Lombardia, Trentino, ma anche parte dell’Emilia, verso la provincia di Piacenza.

E le precipitazioni in arrivo non saranno risolutive. Il fatto che già il 2022 sia stato drammatico sul fronte della carenza di acqua intensifica i problemi. Faccio solo un esempio: i tempi di riempimento delle falde sono molto più lunghi. Rischieremo di dovere fare delle scelte complicate: privilegiare l’irrigazione dei campi o la produzione di energia? Ovviamente, per legge la priorità va all’idropotabile». In sintesi: all’acqua da bere. Una delle regioni in cui c’è maggiore angoscia per le scarse precipitazioni è la Lombardia. Massimo Sertori si era già occupato dell’emergenza come assessore regionale alla Montagna e ha riaperto la pratica in questi giorni (probabile la sua riconferma con la nuova giunta Fontana). Osserva: «Rispetto al 2022 per ora non ci sono segnali incoraggianti. Possiamo dire che c’è un po’ più di neve, ma meno acqua nei laghi». Per la prossima settimana è stato convocato un tavolo regionale sulla siccità, ma già oggi è cupo il quadro che fa tremare la Lombardia (il Pd ha chiesto a Fontana «un’ammissione di responsabilità e la dichiarazione dello stato di calamità»). Dice Sertori: «La situazione di scarsità idrica ad oggi, purtroppo, è in linea a quella del 2022. In più c’è la differenza che anche il bacino idrografico afferente al Lago di Garda è ai minimi storici mentre nella scorsa primavera era l’unico con una disponibilità prossima alla norma. Il confronto 2022-2023 mostra che i laghi lombardi regolati sono più vuoti (-30 per cento), a fronte di un quantitativo di neve leggermente superiore (+31 cento). Complessivamente, pertanto, le riserve idriche mostrano un deficit del 55 per cento rispetto allo storico, a fronte del 52 per cento dello scorso anno». Già a dicembre la Regione Lombardia ha chiesto ai gestori idroelettrici e agli enti regolatori dei grandi laghi (Maggiore, Como, Iseo, Idro e Garda) di trattenere acqua il più possibile.

 

Appelli

Non va meglio in Trentino. Racconta l’assessore all’Ambiente della Provincia autonoma di Trento, Mario Tonina: «La quota attuale del lago artificiale di Santa Giustina è inferiore del 30 per cento rispetto ad un livello ottimale estivo. Le difficoltà oggettive sono destinate ad aggravarsi se non ci saranno abbastanza precipitazioni nei prossimi mesi: le nostre grandi riserve idriche, che garantiscono i fabbisogni per l’agricoltura e la produzione idroelettrica, sono in difficoltà». In sintesi: rischia di fermarsi la produzione idroelettrica. In Piemonte, in Provincia di Biella, hanno già chiesto alla popolazione di utilizzare con estrema prudenza l’acqua e di evitare il lavaggio delle automobili, per fare un esempio. L’altro giorno il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ha detto che per «scongiurare la calamità della siccità, serve un piano di emergenza che comprenda anche interventi normativi e strutturali». Coldiretti e Anbi hanno presentato un piano chiamato «diecimila laghetti», con la realizzazione appunto di 10mila invasi, che trattengano l’acqua quando ci sono forti precipitazioni. Perché il paradosso determinato dai cambiamenti climatici è ben rappresentato dalle sempre più frequenti bombe d’acqua che mettono in ginocchio Senigallia o Ischia, con precipitazioni concentrate in poche ore, e allo stesso tempo dai lunghi mesi di siccità.
 

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