Scuola elementare richiede l'etnia ai bimbi nomadi: «Sei sinti o rom?». Bufera in Veneto

Scuola elementare richiede l'etnia ai bimbi nomadi: «Sei sinti o rom?». Bufera in Veneto
Scuola elementare richiede l'etnia ai bimbi nomadi: «Sei sinti o rom?». Bufera in Veneto
3 Minuti di Lettura
Sabato 13 Luglio 2019, 11:09 - Ultimo aggiornamento: 16:11

Sinti, rom o caminanti: sono le voci che le famiglie nomadi hanno dovuto barrare per iscrivere i figli all'Istituto comprensivo Corner di Fosso, Vigonovo e Saonara, ai confini tra le province di Venezia e Padova. A sollevare il caso sono stati i genitori di un alunno della scuola elementare Marconi di Tombelle, una delle cellule scolastiche dell'Istituto. Un modulo fornito alle famiglie da dieci anni, sottolinea il dirigente scolastico Carlo Marzolo, ma che in poche ore è diventato la pietra dello scandalo facendo parlare di violazione della Costituzione, della legge Mancino e delle normative europee che vietano 'censimentì in base all'etnia. 

Il Papa: «La politica abbandoni l’odio, pregate per l’Ue»

Al punto da far chiedere a Davide Casadio e Dijana Pavlovic l'intervento degli ispettori ministeriali e dell'Ufficio scolastico regionale per farlo togliere dalla circolazione. Mentre Rifondazione Comunista fa sapere di aver consegnato la modulistica ai propri legali per agire nelle sedi legali e amministrative competenti. «Non ci si rende conto - sostiene Pavlovic - che una cosa del genere cambia la vita alle persone, e se si tratta di un bambino diventa un 'marchiò dalla prima elementare per tutta la sua esistenza». 



Papa: «Troppo disprezzo per gli zingari». I rom polemizzano: «Non usi quel termine»

Un testo ritenuto «pura discriminazione», una forma di razzismo «per identificare le persone - rincara Casadio - a livello di istruzione». Tutte accuse che il dirigente scolastico nega senza esitazioni. «Se il documento dal punto di vista legale ha dei profili di illegittimità lo cambieremo sicuramente» si affretta a chiarire, sottolineando che le finalità «erano quelle della maggior inclusione possibile e non certo il contrario: le informazioni che noi raccogliamo - rileva Marzolo - hanno finalità istituzionali, tese a tutelare gli alunni e non a discriminali». Un chiarimento che il prof ha voluto estendere a tutti i genitori con una precisazione pubblicata nel sito dell'Istituto in cui si sottolinea «il fraintendimento» e «l'evidente equivoco».

«Va ribadito che l'operato dell'Istituto e di tutti coloro che vi lavorano è teso a tutelare l'interesse di ogni alunna e di ogni alunno - si legge -, la sua crescita umana e culturale, nel rispetto e nella valorizzazione di ogni caratteristica personale. A questo fine vengono raccolti dati personali, anche sensibili, trattati sempre nella dovuta riservatezza». Parole che non sembrano essere bastate ad Augusta Celada, direttore dell'Ufficio scolastico regionale del Veneto. «Probabilmente il modulo non è in linea con le disposizioni in materia di riservatezza - dice, bollando il tutto come »una iniziativa inopportuna« - ed è anche poco efficace: i bisogni educativi si affrontano in classe con strumenti di natura pedagogica, non con atti amministrativi». Facendo immaginare, comunque, che sul dirigente non calerà la mannaia sanzionatoria. «La vicenda non presenta una rilevanza disciplinare - dichiara - forse una violazione della privacy di cui eventualmente dovrà rispondere il dirigente scolastico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA