Coronavirus: sulle chiusure aziendali accordo in extremis. Benzinai, niente sciopero

Coronavirus: benzinai, niente sciopero. Sulle chiusure aziendali nuovo braccio di ferro
Coronavirus: benzinai, niente sciopero. Sulle chiusure aziendali nuovo braccio di ferro
di Giusy Franzese e Alberto Gentili
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 25 Marzo 2020, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 11:57

L'intesa arriva a notte fonda. Dopo una giornata di incontri e mediazioni, quando sembrava che ci si avviasse verso un braccio di ferro prossimo alla rottura. Sindacati e governo si sono messi d'accordo su un nuovo allegato al decreto Chiudi Italia di domenica scorsa, con meno attività consentite. Cgil, Cisl e Uil al termine della maratona notturna parlano di «importanti modifiche». Già stamane verranno date indicazioni ai Prefetti perché consultino i sindacati rispetto alle autocertificazioni aziendali. Oggi un nuovo vertice per «verificare gli impegni» e definire le attività indispensabili anche nel settore della Difesa. Bisognerà capire se questo accordo in extremis riuscirà a disinnescare lo sciopero dei metalmeccanici proclamato in Lombardia proprio per oggi.

LEGGI ANCHE --> Coronavirus, come chiedere il bonus baby sitter: domanda dalla prossima settimana. Via anche ai congedi straordinari

Accordo raggiunto, e agitazione evitata, anche con i benzinai che in mattinata di ieri avevano minacciato la serrata già da stanotte. Anche in questo caso dopo una lunga mediazione del ministro De Micheli i gestori ci hanno ripensato. La protesta era nata perché i guadagni sono crollati verticalmente (-85%) e la paura del contagio è sempre più forte. Immediatamente il governo, anche con appelli del premier Conte, ha tentato di rassicurare lavoratori e aziende.
D'altronde in questo momento così tragico e difficile per l'intero Paese è indispensabile evitare a tutti i costi il conflitto sociale. «Mi auguro che non ci sia uno sciopero, il Paese non se lo può permettere. Vale anche per i carburanti, sarà assicurato il rifornimento» è l'appello del premier Giuseppe Conte durante una conferenza stampa pomeridiana, anche questa rigorosamente in videoconferenza, trasmessa in diretta tv.

Un momento servito al premier per mandare vari messaggi. Ai cittadini preoccupati di rimanere senza benzina e agli stessi gestori degli impianti di rifornimento che lamentano di rimanere ore e ore aperti, rischiando il contagio, per giunta con i clienti al lumicino: «La ministra De Micheli adotterà un'ordinanza che consentirà di regolamentare l'orario di apertura in modo da assicurare il rifornimento di carburante in tutta la penisola e questo è un modo per venire incontro ad alcune istanze». L'accordo con i benzinai prevede la sospensione del pagamento dell'affitto delle aree di servizio delle piazzole di benzina ai concessionari autostradali. In cambio i benzinai lasceranno aperti i rifornimenti alternando gli orari. In ogni caso sarà sempre possibile il self service.

Anche a Cgil, Cisl e Uil, impegnati per tutta la giornata di ieri nel lungo vertice con i ministri Patuanelli (Sviluppo Economico) e Gualtieri (Economia) per sfoltire l'elenco delle aziende che possono ancora restare aperte, il premier ha voluto mandare un altro messaggio: «I sindacati sanno che le porte di Palazzo Chigi sono aperte».

I PALETTI
In fin dei conti, il pressing dei sindacati per una ampia serrata poteva sembrare quasi surreale. Lo premette, all'avvio del confronto, la leader Cisl, Annamaria Furlan: «Faccio la sindacalista da quasi 40 anni e non ho mai chiesto di chiudere una fabbrica. Anzi, mi sono sempre battuta perché le fabbriche restino aperte. Ma qua c'è di mezzo la vita delle persone». La pensa così anche il numero uno Uil, Carmelo Barbagallo: «Tutti vogliono stiracchiare il codice Ateco, noi vogliamo il codice del buon senso. Salvaguardiamo i lavoratori, i pensionati e i cittadini e facciamo riprendere l'economia al momento opportuno».

Il fatto è che molte aziende, pur di evitare il lockdown, stavano trovando degli escamotage. La denuncia è del segretario generale Cgil, Maurizio Landini: «Alcune imprese stanno cambiando il loro codice Ateco per poter continuare a produrre. Aver introdotto nel decreto la deroga a livello territoriale per le aziende la cui attività è agganciata a quelle consentite, previa informazione e decisione prefettizia, ha scatenato una malsana rincorsa». La Prefettura di Milano poi ha confermato: sono «numerose» le comunicazione già arrivate.

Sindacati e governo hanno quindi analizzato comparto per comparto, codice Ateco per codice. In ogni caso tutti hanno convenuto che è necessario che anche nelle aziende che fanno produzioni e attività essenziali siano garantire tutte le misure di sicurezza, dalle mascherine alle distanze tra un lavoratore e l'altro. Cosa che ancora adesso non accade dappertutto. L'intesa raggiunta in tarda serata non esclude la possibilità di regolare la chiusura delle attività non essenziali su base territoriale, stringendo di più le maglie nelle province più colpite dall'epidemia e dunque con maggior rischio di contagi.

Trovare un giusto punto di equilibrio non è stato semplice. All'apparenza alcune produzioni potrebbero essere considerate non necessarie ma poi nella pratica sono quelle che riforniscono di materie prime o semilavorati le fabbriche che fanno prodotti indispensabili. È lo stesso premier a ricordarlo: «Le filiere produttive sono molto integrate, pensiamo al cibo venduto nelle vaschette di polistirolo, imballato con il cellophane e con su l'etichetta». In nottata quindi la svolta.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA