«Quanti clienti faccio sedere nel mio locale? Ormai non dipende più dai posti che ho a disposizione, ma da quanto personale ho in sala, da quante persone lavorano durante una singola giornata». E in base a quello si sceglie se dimezzare o meno la portata del ristorante. E quindi i guadagni, l’immagine, eccetera. La storia-simbolo arriva da Pordenone e la racconta il ristoratore Luca Lot. «Il meccanismo - spiega - purtroppo è abbastanza semplice. Se in un determinato giorno di lavoro ho a disposizione meno personale rispetto a quello che servirebbe per garantire il servizio pieno, allora sono costretto a rifiutare le prenotazioni delle persone che vorrebbero mangiare nel mio locale. Ed è quello che sta avvenendo proprio adesso. Si calano i coperti per riuscire comunque a mantenere vivo il servizio. Non si può e non si riesce a lavorare a pieno regime».
LO SFOGO Dallo stato di fatto, poi, si passa all’analisi della situazione, alla domanda chiave che chiede il perché si sia arrivati a questo punto. E qui torna un ritornello che ancora una volta è destinato a far discutere. Luca Lot, che a Pordenone gestisce il ristorante Ca Naonis, dice apertamente che tra i candidati a lavorare nel ristorante «non c’è fame, non c’è voglia». E racconta: «Io ho iniziato questo mestiere circa a sedici anni. Cominciavo la mia giornata lavorativa alle otto e mezzo del mattino, per terminarla molto spesso anche all’una di notte. Con un’ora e mezza - massimo due - di pausa dopo il primo servizio del giorno. Si lavorava dodici, tredici ore. Spesso eravamo sottopagati. I sacrifici non sono una novità di questo tempo.
«Nel recente passato - prosegue la narrazione del ristoratore pordenonese -, ho preso un lavoro per quindici giorni alla Fiera di Pordenone, in viale Treviso. Stavo cercando una figura che potesse darmi una mano proprio per garantire questo servizio e l’avevo anche trovata dopo qualche tempo. La sua richiesta però mi ha immediatamente sorpreso. Voleva che non la mettessi in regola, altrimenti avrebbe perso la disoccupazione di cui godeva mensilmente». L’assegno era superiore ai mille euro. La rappresentazione plastica di almeno una parte del problema.
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