Rave, stretta anche per le scuole: reato esteso alle occupazioni se c'è spaccio di droga

Il Pd: ritirare il decreto. Il Viminale: non è lesa la libertà di manifestare

Rave, stretta anche per le scuole: reato esteso alle occupazioni se c'è spaccio di droga
Rave, stretta anche per le scuole: reato esteso alle occupazioni se c'è spaccio di droga
di Michela Allegri e Francesco Bechis
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 2 Novembre 2022, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 17:01

I nodi da sciogliere sono diversi e l’approdo del decreto anti-rave in Gazzetta Ufficiale basta per fare insorgere le opposizioni, che lanciano un «allarme democrazia» per l’ambito di competenza della stretta. Per come è scritto il testo, il rischio di un’applicazione estensiva del nuovo articolo 434-bis del codice penale c’è. Tanto che, probabilmente, in sede di conversione del decreto ne verranno delineati meglio i contorni, per rendere la norma più specifica. 

Adesso si parla di «invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico, o l’incolumità pubblica, o la salute», ai quali partecipino almeno 50 persone.

Non si menzionano quindi in modo dettagliato i rave party: la nuova norma potrebbe applicarsi anche a occupazioni e manifestazioni non autorizzate. 

LA NORMA
Ma, come fanno sapere da via Arenula, deve esserci un rischio concreto per l’incolumità o la salute pubblica, «un principio di offensività». Un caso classico sarebbe la presenza massiccia di droghe, quindi un’attività di spaccio in corso. «La norma - ha precisato il Viminale - interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo» e, quindi, «non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà».

L’altra questione, quella più dibattuta, riguarda le intercettazioni. Il nuovo reato, che prevede una pena massima di sei anni di carcere, rende possibile disporre intercettazioni a carico degli indagati, consentendo anche alle forze dell’ordine di captare scambi e dialoghi utili per prevenire i raduni, organizzandosi in anticipo per contrastarli. Sottolinea il presidente della Camere Penali, Gian Domenico Caiazza: «Essendo previste pene superiori ai cinque anni, con il nuovo reato le intercettazioni sono assolutamente possibili». Per evitarle, in sede di conversione del testo, una possibilità - forse l’unica - sarebbe quella di abbassare l’entità della pena. Come spiega il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, «escludere l’utilizzo delle intercettazioni per un determinato reato rientra nella discrezionalità del legislatore, ma la motivazione deve essere solida. In questo caso le intercettazioni servirebbero anche per individuare una connessione di rapporti che fa sorgere il reato stesso. Potrebbero essere strumentali alle indagini e alla prevenzione. La possibilità più concreta è prevedere una pena massima più bassa». Non è però detto che sia necessario un passo indietro sul tema: quella contro cui la premier Giorgia Meloni e il ministro Antonio Tajani si sono schierati nel Consiglio dei ministri di due giorni fa è la proposta - fortemente sostenuta dalla Lega - di disporre intercettazioni preventive, le stesse utilizzate in caso di ipotesi di mafia, rischio terrorismo, grave allarme sociale: non servono per accertare la commissione di reati, ma unicamente per prevenirli, tanto che non è necessaria la presenza di un’inchiesta pendente per disporle. La sensazione, a sentire chi ha lavorato al dossier, è che in sede di conversione del decreto si rimetterà inevitabilmente mano al testo. Vale per la stretta sui rave, vale anche per le disposizioni sull’ergastolo ostativo che ricalcano la riforma votata dalla maggioranza del governo Draghi e su cui FdI vorrà dire la sua.

LE POSIZIONI IN CAMPO
Sulle norme anti-raduni illegali si registrano sensibilità diverse all’interno della coalizione. L’intento di lanciare un segnale di «discontinuità» richiamato da Meloni è stato raggiunto. In Parlamento però si dovrà trovare una quadra su come rivedere la normativa giudicata «molto generica» da più parti nel governo. Resta scettica FdI sull’opportunità di ricorrere alle intercettazioni. Lo è ancora di più FI, «le intercettazioni non sono nel nostro dna», spiega una prima fila del partito. Così come da entrambi i partiti e da fonti vicine alla premier trapela la volontà di circoscrivere ulteriormente la nuova fattispecie di reato. Tracciando un solco - ad esempio specificando tra le ragioni di un intervento la presenza e lo spaccio di stupefacenti - per evitare che la norma si possa applicare a qualsiasi occupazione di una scuola o di un’università, come quella andata in scena la settimana scorsa alla Sapienza. Di altro avviso è invece la Lega, che ha spinto molto a Chigi per il giro di vite di Piantedosi, sia sulle intercettazioni che sull’entità della condanna, «abbiamo mostrato in tempi record che la pacchia è finita e fare marcia indietro non avrebbe alcun senso», confida un colonnello di via Bellerio. «L’illegalità non verrà più tollerata», avvisa in serata Matteo Salvini. 

Servirà una mediazione, dunque, per rimettere mano al decreto in aula. Nel frattempo le opposizioni attaccano. Giuseppe Conte, leader del Movimento Cinque Stelle, parla di «una norma da Stato di polizia». Dal Pd gli fa eco Andrea Orlando, «la legislazione emergenziale genera mostri». 
 

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